Vomerese costretta ad andare in Veneto per donare il rene alla Figlia
di Roberta Santoro-
“Ora mia figlia sta bene ed è l’unica cosa che conta per me. Nonostante le sofferenze post operatorie, vederla sorridere è la gioia più bella. Lo rifarei mille volte”. A parlare è Carla Gizzi, donatrice di rene alla figlia, Antonietta Attanasio, affetta da una grave insuf- ficienza renale. Sono trascorsi cinque mesi dall’intervento e Antonietta fi- nalmente può condurre la vita di una ragazza di 23 anni. Ora è rinata, ma – come confessa Carla – “il percorso è stato duro, è stata una vera e pro- pria lotta”. La donna, nonostante fosse compatibile per la donazione, ha visto ostacolata e respinta la possibilità di “regalare” una seconda vita alla sua bambina. Perché? “Perché qui a Na- poli – precisa la donna – mi hanno det- to che la legge era cambiata e che la
situazione sanitaria non era nelle con- dizioni di sostenere interventi di questa entità. Ci avevano prospettato un altro anno di attese”. Al Policlinico di Napoli sembrava non ci fosse altra alternativa che aspettare, ma fu stesso un dottore dell’azienda sanitaria a consigliare a Carla Gizzi e a sua figlia di partire per Verona e di parlare con il dottor Luigi Boschiero, responsabile del Centro Tra- pianti renali dell’Azienda Ospedaliera universitaria integrata. “È stato proprio il dottor Santangelo del Policlinico a consigliarmi di andare via per ridurre i tempi di attesa del trapianto. Mi disse che qui avremmo dovuto aspettare almeno un altro anno. La cosa che più mi dispiace sono state le scuse. Prima non ci sono i fondi, poi il cambiamento della legge. Si scherza con la vita delle persone e questo non è giusto. Addirittura mi avevano detto che necessitavano del consenso del Pubblico Ministero – a seguito degli incontri con gli specialisti con cui ho effettuato innumerevoli colloqui – per procedere con l’operazione. Neanche l’arrivo di quest’ultimo ha sbloccato la situazione”.
La rinascita per Antonietta Attanasio, ora ventitreenne, arriva il 7 novembre 2012 presso il Polo Confortini dell’Azien- da ospedaliera di Verona. «In pochi mesi abbiamo risolto e tutto rigorosamente coperto dalla sanità “tanto in crisi” del Belpaese. La cosa che mi fa più rab- bia, ora come ora, è stata la risposta alla mia richiesta di rimborso delle spe- se extra l’intervento che mi era stato assicurato. L’amministrazione mi disse che bastava conservare le ricevute di viaggi e delle strutture alberghiere create ad hoc per i familiari dei degenti. In aggiunta mi sarebbe servito solo un documento che attestasse la presenza di Antonietta nelle liste di attesa per il trapianto. Non me l’hanno voluto rilasciare a piazza Miraglia aggiungendo – oltre il danno di aver atteso quasi due anni, la beffa -”. “E lei perché se ne è andata a Verona?”: queste le parole di una dottoressa del Policlinico. Per oltre un anno la figlia è dovuta andare in dialisi, in giorni alterni, per via delle sue precarie condizioni. Tante sofferenze si sarebbero potute evitare se Carla Gizzi fosse venuta prima a conoscenza della possibilità di poter donare il rene in un’altra struttura ospedaliera, possibilità – quella della donazione – già resa disponibile dalla donna non appena fosse risultata l’unica prospettiva per salvare la vita della figlia Antonietta. Eppure i medici dell’Azienda ospedaliera partenopea avevano già incontrato la ragazza. Antonietta Attanasio ha cominciato, fin da piccolissima, a frequentare gli ospedali. Ricoverata due volte al Santobono (la prima a soli quattro anni), i medici dell’ospedale in via Mario Fiore non riuscirono a risalire alla causa della sua crescita rallenta- ta. Questo ha aggravato la situazio- ne di Antonietta. “Il problema è stato scoperto all’ospedale San Paolo, ma oramai era tardi – spiega Carla Gizzi -. Da qui il primo intervento al Policlinico e il ricovero di oltre tre mesi. Abbiamo tamponato con cure e controlli, ma – con la crescita – la situazione è degenerata”.
Oggi Antonietta è un’altra persona. Spiccatamente solare e piena di sogni, finalmente può uscire con le amiche per una passeggiata o un cinema. No- nostante le dialisi che le toglievano le forze, la ragazza riuscì a conseguire il diploma all’istituto alberghiero e, a settembre, vuole iscriversi all’università per frequentare un corso in Management delle imprese turistiche.Tante le persone da ringraziare per aver reso possibile la seconda vita di Antonietta Attanasio. Oltre alla mamma, Carla Gizzi che le ha donato l’organo, anche tutte le persone dell’Associazione Arti (Associazione Rene Trapiantati Italiani). Si tratta di un’organizzazione, nata nel 2001 per opera di volontari trapiantati, che ha lo scopo di rappresentare e tutelare gli interessi morali e materiali dei malati, nonché della loro famiglie. “Giorgio Pigozzi, vice presi- dente con delega alle Pubbliche Relazioni dell’Associazione, mi venne a prendere all’aeroporto – spiega Carla – e mi è stato vicino, con la collaborazione del suo staff. La possibilità di risiedere presso un alloggio nella struttura di Verona Ospitale mi ha permesso di andare avanti senza mai cedere alla stanchezza per l’estenuante iter burocratico e ai momenti di sconforto che si possono attraversare quando, in una situazione di tensione e ansia, ti ritrovi sola in un’altra città. Mi ha accompagnato a Padova per presentarmi dinanzi alla Commissione di psichiatria e, in seguito, a Milano. Se non ci fosse stato Giorgio non sarei riuscita a fare tutto». La riconoscenza traspare dalle parole di Carla Gizzi che, nel raccontarci l’esperienza della figlia Antonietta, ri- conosce l’umanità che ha ritrovato nelle singole persone – dai medici agli infermieri ai volontari – che lavorano presso l’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona. Nei tanti anni tra controlli in ospedale e “trasferte” per salvare la vita di Antonietta, Carla Gizzi – impiegata al Carrefour – ha potuto contare sull’appoggio del suo datore di lavoro e di tutti i suoi colleghi che le hanno permesso di preservare il posto, nonostante i lunghi periodi di assenza a causa del problema che affliggeva la sua bambina.
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