Una cartolina di S. Martino inviata dal New York Times
La Certosa di San Martino finisce sul New York Times come “luogo memorabile”. Sull’edizione del 16 gennaio del noto quotidiano statunitense, infatti, il giornalista Michael Kimmelman ha dedicato una “puntata” della sua rubrica “Postcards”- che “elogia” di volta in volta i luoghi memorabili da lui ammirati in giro per il mondo – proprio alle bellezze della Certosa e ai dipinti del Ribera in essa contenuti. A catturare l’attenzione di Kimmelman, non sono solo le bellezze artistiche, ma anche quelle naturali, con la spettacolare vista della Certosa e della collina del Vomero “che dall’alto domina imperiosa la città ed il golfo”. Kimmelman è rimasto letteralmente affascinato dalla Certosa di San Martino, che racchiude meravigliosi esempi di arte e architettura barocca. La descrizione della sua “cartolina da Napoli” è davvero suggestiva, come si può notare dalle parole da lui utilizzate: “Quando il barocco venne a Napoli si espresse con la stessa gioia di un volo di usignoli liberati da una gabbia d’oro”. E, ancora,degli affreschi, scrive: “I ritratti di patriarchi e profeti eseguiti da Jusepe de Ribera si nascondono fra le arcate della chiesa della Certosa, espressione di un incredibile realismo. Giona e Daniele si fronteggiano: il primo guarda allarmato il secondo come farebbe un passeggero in metrò di fronte a qualcuno che comincia a urlare all’improvviso”. Incantevole è anche la descrizione del “percorso” che dal cuore della città di Napoli porta alla collina del Vomero, passando attraverso il profumo dei limoni e di pane appena sfornato, che contrastano la vista delle antenne paraboliche e dei panni stesi ad asciugare. Per giungere, infine, alla Certosa, un “labirinto di tesori” da cui si può ammirare tutta la città e il golfo, “quell’anfiteatro urbano” chiamato Napoli. L’unico aspetto che ha “turbato” Kimmelman è lo stato un po’ trascurato della chiesa. Ma il critico d’arte americano, infine, ha dichiarato di essere uscito dalla Certosa “rinato e pieno di energia”. Forse sarebbe il caso che anche noi imparassimo a valorizzare i tesori d’arte presenti nel nostro territorio.
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