Tutto cambia…ma in meglio. Sopravvivere ai tempi della crisi
di Matteo Esposito
Crisi economica, contrazione dei mercati finanziari, perdita di fiducia dei consumatori;chiamatela come volete. Il risultato è certo: sempre più attività commerciali chiudono i battenti. Stiamo assistendo ad un cambiamento radicale del ‘pensare commerciale’ e questo al Vomero è a dir poco palpabile. Dove prima c’era il calzolaio, il macellaio, il pescivendolo e il verduriere di fiducia, ora abbiamo solo ‘il prezzo più basso’. Non importa più il ‘cosa’ ma il ‘quanto’. Librerie storiche come Guida,Pisanti e Fnac, presenti qui al quartiere Vomero, hanno visto diminuire i propri profitti a causa di una sempre maggiore concorrenza. Via Scarlatti è diventato l’emblema del cambiamento per le diverse e frequenti nuove botteghe che si fanno avanti; spesso anche vendendo solo patatine fritte. Tuttavia questo non accade perché le persone leggono di meno, anzi. Molte ricerche dicono il contrario (http://www.istat.it/it/archivio/62518). Ma allora qual è il vero problema? Quanta colpa possiamo dare a questa crisi economica? In percentuale, sarà solo tutta colpa dell’alta tassazione oppure qualcosa nei consumatori è mutato incontrovertibilmente? E quanta responsabilità hanno i proprietari dei negozi affinché le loro attività sopravvivano? Vediamo qualche dato di CONFESERCENTI:
‘’Tra gennaio e febbraio, hanno chiuso i battenti 13.775 aziende, mentre le aperture sono state 3.992, Per un saldo negativo di 9.783 Unità. Praticamente, sono sparite oltre 167 imprese al giorno. Un bilancio destinato a peggiorare nel trimestre: secondo queste stime, dicono i commercianti, i primi tre mesi del 2013 sono terminati con un saldo negativo di 14.674 unità (4mila unità in più rispetto al 2012), sintesi di 20.622 cessazioni e 5.988 nuove iscrizioni. Estendendo lo sguardo ai dati di aperture del primo trimestre 2011 e del primo trimestre 2010 in effetti, si conferma un crescente calo delle nuove iscrizioni, mentre le cessazioni restano sostanzialmente costanti, intorno alle 20-22 mila ogni anno. “Il fenomeno dimostra come la crisi non incide solo sul numero di chiusure, ma anche e soprattutto sulla possibilità di aprire una nuova impresa”, ricorda CONFESERCENTI. Tra gli altri dati, spicca la ripartizione geografica: iI risultati peggiori si rilevano centro-nord, che registra 7.885 chiusure a fronte di 2.054 aperture; Sud e isole sembrano resistere un pò di più. Tra i comuni capoluoghi di provincia, invece, la maglia nera va a Roma, con 553 chiusure per un saldo negativo di 392 unità. Seguono Torino (306 cessazioni, saldo negativo di 231 unità) e Napoli (-133 imprese il saldo). A corollario, si sottolinea anche una nuova emergenza: quella degli affitti. Secondo una ricerca condotta da Anama-confesercenti, infatti, in Italia i negozi sfitti per “assenza di imprese” sono ormai 500mila per una perdita annua di 25 miliardi di euro in canoni non percepiti”.Tuttavia, molte attività commerciali riescono a sopravvivere grazie alla capacità di reinventarsi. Ciò che porta a chiudere, può essere utilizzato per farsi conoscere ed aumentare i proprio profitti: e-commerce, pubblicità e presenza sui social network più celebri. La possibilità di aumentare la propria visibilità è sotto il nostro naso ogni giorno: groupon, groupalia, facebook, instagram, linkedin, solo per citarne alcuni. Nonostante tutte queste possibilità, manca la capacità di capirne il potenziale. Spesso le attività commerciali più antiche hanno la stessa età dei proprietari. Questo comporta una quasi impossibilità di comprensione circa il valore della pubblicità. Dove non può arrivare il passaparola, ci arriva il volantino. Dove il consiglio di un amico manca, abbiamo un post di Facebook. Ecco un esempio concreto: è nota,qui al Vomero,l’apertura improvvisa di alcune “negozietti” specializzati in vendita di patatine fritte. Da un giorno all’altro,con nomi differenti, si nota con piacere il profumo del dolce alimento,provenire da almeno tre punti vendita. Queste nuove attività, sebbene abbiano creato posti di lavoro,sono tuttavia andate a sostituire delle “antiche” attività commerciali di discreto successo. Cosa sarebbe successo se il precedente utilizzatore del negozio avesse creato un evento per pubblicizzarsi col 20% di sconto sugli acquisti? Davvero non sarebbe cambiato nulla se il “prendi tre paghi due” si fosse fatto vivo? Come potrebbe non avere effetto una Carta Soci con conseguenti sconti?
Parlare di corresponsabilità pesa su tutti noi. I più florei periodi economici hanno sempre visto un precedente periodo di crisi. In questo,infatti,cambiava il modo di approcciarsi al cliente e alle sue necessità;il vendersi ai propri clienti,fidelizzare;dare visibilità non più al prezzo bensì alla qualità di quest’ultimo. Creare e ritornare ad una sorta di tribalismo commerciale,dove il venditore non è solo colui il quale cerca di guadagnare ma anche un garante del bene di consumo e promotore della propria attività. I cambiamenti non sono sempre negativi ma bisogna saperli accettare ed affrontarli. Un’evoluzione che vedrà ben presto la sopravvivenza o meno di coloro i quali saranno capaci di mutare ed adeguarsi.
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