STATO DI ECCEZIONE
A CURA DI GIUSEPPE PORCELLI
Lo “Stato di eccezione”, espressione del giurista tedesco Carl Schmitt, descriveva, nella prima metà del ‘900, una condizione nella quale, temporaneamente, a causa di fenomeni straordinari quali una guerra, un disastro naturale o una pandemia, veniva, quasi, abbandonato lo stato di diritto. Era l’epoca dei regimi totalitari e si discuteva della perdita di libertà fondamentali per il cittadino. Libertà che, al giorno d’oggi, sono considerate, per fortuna, acquisite e indiscutibili.
Va precisato che la nostra Costituzione, al di fuori dei casi di guerra, non prevede forme di sospensione o attenuazione delle garanzie costituzionali. Per questo il Governo, in piena pandemia, ha utilizzato l’unico strumento che aveva a disposizione: la decretazione di urgenza. Purtroppo, nell’ultimo anno, l’urgenza è diventata, in maniera sofferta ma dirompente, la regola con la quale convivere. Dobbiamo convivere con imponenti limitazioni, chissà per quanto tempo. La campagna vaccinale ci darà una mano.
Ma oggi si passa ancora da una limitazione ad un’altra, dall’essere costretti in casa, al “liberi tutti” che, però, comporta strettissime regole comportamentali per non tornare ad essere costretti in casa. Lo stesso discorso vale per la riapertura delle attività commerciali. Una riapertura più ampia. Una riapertura necessaria per salvaguardare l’economia, ma pericolosa dal punto di vista sanitario se non disciplinata.
È la difficoltà, immensa, che un governo si trova ad affrontare quando due elementi, fondamentali per la vita dell’uomo, si trovano contrapposti: Salute vs Economia. Oggi dobbiamo essere messi in condizione di superare questa dicotomia. Dobbiamo permettere alle attività commerciali di riprendere il loro percorso prima che sia troppo tardi. E per farlo dobbiamo rispettare le regole. Tutti, senza alcuna eccezione!
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