Riforma del processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio canonico
L’8 dicembre 2015 entrerà in vigore la riforma, del processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio contratto secondo le regole del diritto canonico.
In accoglimento delle richieste avanzate dai vescovi nei sinodi del 2005 e del 2014, il Santo Padre ha rivoluzionato il codice di diritto canonico stabilendo processi di nullità del matrimonio più celeri ed economici. La riforma, che ha percorso un iter tutto mariano, firmata il 15 agosto (festa dell’Assunta), presentata l’8 settembre (festa della natività Mariana) entrerà in vigore l’8 dicembre (festa dell’Immacolata Concezione) ed è contenuta in due lettere Motu Proprio (ovvero documenti che contengono decisioni che il pontefice prende di sua iniziativa): la prima “Mitis Iudex Dominus” è destinata alla chiesa di rito latino, la seconda “Mitis et misericors Iesus” alle chiese di rito orinatale. Si tratta di una decisione storica che attribuisce al Vescovo competente per territorio, il potere giudiziario da esercitarsi in funzione di giudice unico in prima istanza con conseguente eliminazione del doppio grado di giudizio, ritenuto necessario negli ultimi tre secoli e che in molti casi, poteva giungere fino alla Sacra Rota dando il via ad un terzo grado di giudizio. Non ci sarà più bisogno dunque di due sentenze conformi per la dichiarazione di nullità del matrimonio, ma per poter accedere al procedimento vescovile è necessaria la richiesta di entrambi i coniugi e che ci siano prove evidenti della nullità delle nozze celebrate in chiesa. Inoltre si potrà ricorrere al vescovo anche quando “ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata e rendano manifesta la nullità”. Più precisamente, il titolo V del Motu Proprio, indica quali cause di nullità una vasta casistica: “la mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo stesso delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso della ragione comprovata da documenti medici.
Il processo dovrà concludersi entro un anno al massimo, addirittura, in caso di matrimonio non consumato, la dispensa può essere ottenuta senza processo.
In previsione di una apertura onesta con anima, mente e cuore alla massa dei meno abbienti, il costo della procedura di dichiarazione di nullità, deve essere minimo e limitato alla giusta e dignitosa retribuzione degli operatori del tribunale.
ADRIANA LAURI
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