RICORDO DI ALDO MASULLO
L’ultima volta che ho sentito al telefono il professore Aldo Masullo è stato lo scorso otto aprile, poco prima del giorno del suo 97esimo compleanno.
Nell’ultimo anno mi faceva particolare piacere chiamarlo periodicamente per un breve e leggero scambio di riflessioni.
Mi ha sempre colpito il suo modo sobrio, semplice e diretto di interagire con le nuove generazioni. E poi con lui c’era anche una certa familiarità, perché le nostre abitazioni al Vomero distano poche centinaia di metri e, quindi, ero solito incontralo durante le sue tradizionali passeggiate pomeridiane.
Nella circostanza era sempre accompagnato da persone più giovani di lui con i quali scambiava in modo vivace il suo pensiero.
Aveva una straordinaria capacità di trovare con chiunque fosse il suo interlocutore il giusto linguaggio per farsi capire e per lasciare un segno indelebile.
Al telefono mi è apparso affaticato, ma sempre gentile, pronto e puntuale. Abbiamo parlato delle sue ultime interviste rilasciate ai quotidiani e di quanto pensasse circa il momento che attraversavano come Paese e a livello internazionale.
La pandemia l’aveva in parte abbattuto. In fondo, ammise che il periodo non era dei più felici e aveva accusato una “brutta mazzata” dalla quale sperava di riprendersi molto presto.
Soffriva la condizione imposta dall’emergenza sanitaria da coronavirus, la considerava una sorta di prigionia obbligata. In fondo, gli mancava la libertà.
Nei giorni precedenti gli avevo inviato con una mail una “somma” quotidiana di mie personali riflessioni, nate spontaneamente, durante l’obbligata quarantena. Mi faceva piacere un suo giudizio e eventualmente poche righe che potessero accompagnare un’eventuale pubblicazione. Mi ha subito risposto confermandomi la ricezione della nota e manifestandomi che aveva già dato velocemente una scorsa ai miei pensieri, trovandoli “semplici e generosi e molto prossimi alla gente comune”.
Una sorta di diario giornaliero che stavo costruendo durante il periodo di reclusione forzata.
Purtroppo, si rammaricava di fare negli ultimi tempi un po’ fatica a scrivere e, quindi, mi avrebbe risposto a breve non appena avesse superato il momento. Lo rassicurai che non c’era alcuna fretta e che ero già molto contento delle parole che c’eravamo scambiati nell’occasione.
In più, nel salutarmi mi colpì l’ardore con il quale continuava a pensare e costruire il futuro.
Infatti, nel ringraziarmi dell’affettuosa telefonata tenne a precisarmi che per la mattinata aveva ancora un pò di cose da studiare.
Un esempio di lungimirante attivismo che anche in un frangente difficile sul piano personale e come società non si stancava mai di rilanciare.
Nicola Campoli
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