RESPIRO EUROPEO NELLA PITTURA DEL MAESTRO COLANTONIO
La breve strada -che da una parte interseca via Annibale Caccavello e dall’altra via Raffaele Morghen- e dove i palazzi sono presenti solo su un lato, perché dall’altro corre la funicolare di Montesanto, è dedicata al Maestro Colantonio, pittore di particolare talento del nostro Quattrocento. Le poche notizie attendibili messe insieme dagli storici, sono tutte in una lettera che Pietro Summonte, illustre umanista napoletano, scrive nel 1524 a Marcantonio Michiel, aristocratico veneziano. Uomo di lettere, Michiel gli aveva chiesto notizie sulla pittura napoletana alla quale aveva in animo di dedicare uno studio.
Il Summonte lo informa che la pittura napoletana del tempo è influenzata dalla tradizione fiamminga e che Colantonio (fusione dei nomi di Nicolò Antonio) è da considerarsi “pittore partenopeo tanto disposto all’arte della pittura che se non moriva giovane (1420 circa-1460) era per fare cose grandi”.
Di qui la mancata perfezione del disegno, specie per le cose antiche. Un tema sul quale diede, invece, sicure prove il suo discepolo, Antonello da Messina. Colantonio aveva progettato un viaggio nelle Fiandre per conoscere meglio la tecnica fiamminga ma il re Renato d’Angiò lo dissuase perché a Napoli c’erano numerosi artisti fiamminghi tra i quali Barthelemy d’Eych, pittore di corte.
Così Colantonio sarà in grado di assorbire il linguaggio fiammingo.
Quale ammiriamo nel famoso dipinto del San Girolamo, che toglie una spina dalla zampa di un leone docile (l’opera è nel Museo di Capodimonte) dove lo scaffale con i libri presenta affinità con un quadro di Barthelemy d’Eych, autore probabilmente del trittico dell’Annunciazione di Aix en Provence.
L’opera di poco posteriore, “La consegna della regola francescana” sempre al Museo di Capodimonte, presenta invece i nuovi orientamenti legati all’arrivo degli aragonesi. Ne è prova infatti la forte influenza fiamminga di matrice spagnola quale emerge dal pavimento in verticale e dalle aureole traforate.
Colantonio resta un artista di non facile lettura, specie se si tiene conto dell’apertura europea che ha caratterizzato la sua ricerca.
di Camilla Mazzella laureata in Studi storico-artistici
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