RENATO BARISANI, L’ARTE COME NUOVO LINGUAGGIO
L’Italia, al termine della seconda guerra mondiale, rientra tra le fila dei paesi sconfitti. Nasce l’esigenza di ricostruire il Paese anche dal punto di vista culturale e sociale. L’esigenza di rinnovamento richiede agli artisti di sganciarsi dai punti di riferimento passati. Nella prima metà degli anni Quaranta del Novecento Napoli era caratterizzata dall’arte figurativa e da quadri con scene di paesaggio e di nature morte.
Nella seconda metà del secolo incominciano i cambiamenti; gli artisti si aggregano per meglio diffondere il loro punto di vista sul mondo dell’arte. Nascono così gruppi di artisti eterogenei, accomunati non dallo stile ma dalla volontà di rinnovare l’arte. Tra i giovani artisti che intraprendono la strada delle sperimentazioni d’avanguardia Renato Barisani è uno dei protagonisti. L’artista nasce nel 1918 a Napoli, dove vive fino alla morte avvenuta nel 2011, a novantatré anni. Comincia a disegnare da bambino e il padre, accortosi della sua bravura, finiti gli anni della scuola dell’obbligo, lo iscrive all’Istituto d’arte Filippo Palizzi di Napoli. La sua formazione continua, grazie a una borsa di studio, a Monza, dove Barisani segue per due anni i corsi tenuti da maestri illustri: fra gli altri, Marino Marini per la scultura e l’architetto Giuseppe Pagano. Nel 1941 si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove tornerà come professore di design dal 1978 al 1984, dopo aver insegnato per molti anni in licei artistici e negli Istituti d’arte. Esponente del “Gruppo Sud”, gruppo formatosi nel 1947, e fondatore, nel 1950, del “Gruppo Napoletano Arte Concreta”, il nostro artista nel 1951 partecipa, con altri astrattisti napoletani, alla storica Mostra di Arte Astratta e Concreta in Italia, la prima rassegna completa dell’astrattismo italiano, tenuta alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma. Sono di questo periodo le sculture realizzate in gesso, legno colorato e alluminio, dalle linee astratto geometriche. Negli anni successivi realizza strutture in metallo, risultanti da un lavoro di assemblaggio, vicine alle opere del grande scultore parmense Ettore Colla. Dal 1974 al 1980 fa parte del gruppo napoletano “Geometria e Ricerca”, attento alle esperienze di matrice costruttivista. Nel corso della sua lunga e feconda attività artistica Barisani sperimenta tantissime tecniche e diversi materiali industriali moderni. Utilizza vetro, metallo, plexiglas, sabbia, gesso, alluminio, conchiglie, carta, cartoni. Spazia dalla pittura alla scultura, dalla grafica all’acquarello, dalla ceramica al gioiello. Realizza fotogrammi, arazzi, opere monumentali. “Il Grande Arco”, una scultura in acciaio di grandi dimensioni è installata in permanenza all’ingresso di Castel dell’Ovo. Un’altra scultura, sempre in acciaio, intitolata “Volumi concatenati” è posta nei giardini all’esterno dello stadio Collana. Ma le opere del grande maestro di arte si possono ammirare anche nei più importanti musei d’Italia e in collezioni private anche all’estero. Alla genialità della continua ricerca sia in pittura che in scultura è da sottolineare che Barisani, quando dialogava sull’arte, affascinava per la competenza e per la passione non solo i suoi fortunati alunni ma anche chi era interessato a conoscere i segreti dell’arte.
Camilla Mazzella
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