REAL ALBERGO DEI POVERI
Quando il religioso padre Gregorio Rocco, conosciuto per i suoi metodi poco ortodossi, convinse il re Carlo III e la moglie Maria Amalia di Sassonia a creare edicole votive illuminate, per scoraggiare i malintenzionati, si attivò per far realizzare un rifugio per i numerosi diseredati del Regno, il re nel 1752 incaricò Ferdinando Fuga e poi Maresca, allievo di Carlo Vanvitelli, alla costruzione di una struttura atta ad ospitare la massa di derelitti e di donne emarginate.
Sorse così il grande complesso (600m.) tra il suolo del Borgo S. Antonio Abate e Capodimonte che Carlo III intitolò “Reggia dei Poveri” il “Real Albergo dei Poveri”, il cui costo elevato fece interrompere spesso il corso dei lavori, nonostante la manovalanza popolare e di forzati sorvegliati da marinai della Real Marina.
La grande costruzione ospitava anche diverse attività artigiane, istituzioni benefiche, ed un carcere, il “Serraglio”, dal relativo tribunale, mentre in tempi a noi vicini, sorsero sale cinematografiche di dubbia moralità.
Tra carestie, rivolte (1799) e sismi, quale ultimo, del 1980, vi furono lunghe soste, l’edificio fu inserito dall’UNESCO, quale Patrimonio dell’Umanità, ma che tutt’oggi risulta in squallido abbandono, seppure appare una superficiale tinteggiatura del frontone neoclassico, quinta di una interminabile, mai completata opera.
Mimmo Piscopo
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