Quattro Giornate: la piazza nel degrado
Statue deturpate, giardini abbandonati e il canestro rimosso
Una volta gli autobus giravano intorno all’intera Piazza Quattro Giornate, in un caos regnante, rendendo lo spazio invivibile, per pedoni e automobilisti. Poi, i marciapiedi nuovi, un piano di riqualificazione, i giardinetti, il canestro, panchine e tavolini per giocare a carte o mangiare un panino all’aria aperta, spazio per tutti, dagli anziani ai ragazzini. Insomma, c’erano tutti gli ingredienti per un progetto che sembrava ben fatto. Riuscito, si riuscito. Ma oggi cosa rimane di quegli interventi, di quella riqualificazione e di quel sogno? Poco o nulla. È il degrado a dominare e a portare con sè anche le persone che gravitano intorno alla zona. Ma andiamo con ordine. Tutto comincia dalla parte sottostante lo stadio Collana, protetta da reti verdi anticaduta pietre, male illuminata, spazio per far espletare bisogni dei cani e non solo. Spazio sufficientemente occultato per permettere anche altre attività illegali. Qualche anno fa ci si era accampato un senza tetto con un’automobile, ma, oggi, non sembra essere il ricordo peggiore. Alcune catene attaccate a piloni di cemento dovrebbero impedire il passaggio di scooter in una zona destinata esclusivamente al passeggio. Ma ora non solo le catene penzolanti o del tutto assenti sono di più di quelle agganciate, ma sono gli stessi piloni ad essere malmessi o addirittura sradicati. Tutto ciò proprio davanti all’ascensore che dovrebbe permettere l’accesso ai disabili alla fermata della Metropolitana, lasciata anch’essa all’incuria, ricoperta di sporcizia e di scritte di ogni genere. Nel frattempo, lo sguardo potrebbe cadere sui giardini. Ma chiamarli giardini sarebbe un’offesa ai maestri inglesi o giapponesi. Si tratta più che altro di terreno brullo, lasciato alle più disparate specie di erbacce che crescono, peraltro solo in alcuni punti, in maniera completamente incontrollata. Uno sguardo più attento, ma nemmeno tanto, potrà notare in giro bottiglie di birra o vino, bicchieri o piatti di carta e ogni genere di immondizia abbandonata nell’assoluta incuria. Ci sarebbero anche delle panchine dove sedersi, alcune posizionate originariamente ad anfiteatro, magari per vedere qualche ragazzo che si cimentava in qualche tiro a canestro, mentre giocava in uno spazio adeguato. Ma ora poco rimane se non pietre rotte, terra ed erbaccia che stanno pian piano fagocitando tutto: anche il canestro che, una volta rotto non è stato più sostituito, ma rimosso. Si, avete capito bene, rimosso: un segnale di resa assoluta. Non si riesce a mantenere in vita nemmeno un canestro in una città che notoriamente non offre un briciolo di spazio per lo sport ai cittadini.
Le attuali condizioni dello stadio Collana ne sono l’emblema imperante. Lo stadio con la sua ombra oscura proprio quella zona che permetteva ad alcuni ragazzini di trascorrere qualche ora di svago senza costi se non una maglietta sudata e un pallone. Quanto ai giardinetti dovrebbero anche accogliere due statue bronzee (“Podista e il Discobolo”) di Lydia Cottone, che però sono perennemente imbrattate. Se fu solo goliardia dipingerle di bianco e azzurro negli anni ’80, dopo la vittoria dello scudetto del Napoli, ora la pittura che le ricopre è solo incuria e sporcizia e un’offesa ad arte e artista. È vero anche che questi sono episodi di vandalismo difficili da frenare e che riparare qualcosa, vedi canestro o statue, per poi rivederle dopo poco tempo di nuovo distrutte o imbrattate è demotivante, ma è compito delle istituzioni proteggere le piazze con le sue ricchezze e provare almeno ad educare la popolazione.
Non versa di certo in condizioni migliori l’opera di Renato Barisani, realizzata nel 2000 in occasione dell’apertura della fermata della Metropolitana. Era (è?) un vettore rosso con un blocco nero nel centro che proiettava nello spazio. Purtroppo, sia del rosso che del nero originari, tanto cari all’autore, è rimasto ben poco…scritte e macchie di vernice ne hanno completamente oscurato il significato. Visto che gli autori non possano più difendere le loro opere, forse è giunto il momento che i responsabili riconsegnino decoro e dignità ad una piazza che, oggi, di dignitoso ha solo il nome.
Giuseppe Porcelli
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