Quando si sceglie di fare volontariato
Perché un individuo, di qualsiasi età, sesso, istruzione ad un certo punto della propria vita decide di intraprendere un’esperienza come quella del volontariato? E perché per molti individui è un’esperienza da vivere mentre per altri invece risulta un buco nell’acqua? Il volontario è “una persona che sceglie di svolgere una certa attività a fini di gratificazione personale e per realizzare valori umanistici e quindi non per una retribuzione” (punto 8, pag. IV dell’User Guide del Servizio Volontario Europeo – versione 1998). Personalmente, in undici anni di colloqui e valutazione di aspiranti volontari presso l’associazione ABIO Napoli Onlus (che si occupa di ridurre l’impatto dell’ospedalizzazione dei bambini tramite il gioco), di cui sono Socio Fondatore, ho visto almeno un migliaio di persone che volevano intraprendere questa strada. Le motivazioni più frequenti sono: voler donare un sorriso ai bambini, voler fare qualcosa per gli altri, aver sperimentato già il supporto di un’associazione, avere tempo libero da impegnare. Il volontario appare come un cavaliere senza macchia e senza paura, una persona sempre positiva e sorridente che mette sé stessa, le proprie risorse, il tempo e le proprie competenze e abilità al servizio del prossimo, senza chiedere nulla in cambio. In un mondo che tende all’individualismo, il volontario tende al benessere dell’altro, ad aiutare coloro che vengono ritenuti “più sfortunati”. Ma non esistono sempre e solo motivazioni prosociali; andando un po’ più a fondo si possono trovare anche motivazioni più egoistiche, che diventano a volte prevalenti, anche se non apertamente riconosciute. Tra queste ultime rientrano l’appagamento di esigenze ed interessi personali, aumentare l’autostima, dar nuovo significato alla vita, alleviare il senso di isolamento; inoltre, non meno importante, ritroviamo il riconoscimento sociale (quello che fa apparire l’individuo come un cavaliere bianco). Una persona che si occupa di volontariato appare agli occhi della società “migliore di altri” e da “ammirare”, dato che l’attività risulta benefica e positiva e proietta tali qualità su chi le svolge. Infatti non di rado accade che il volontario sia pervaso da una sorta di sentimento di onnipotenza e di infallibilità. Inoltre in questo tipo di attività non è raro trovare persone anziane che decidono di dedicare le proprie risorse alle associazioni, in quanto aumenta la loro autoefficacia, si sentono ancora attive e favorisce la loro socializzazione. Si tratta di una attività che facilita lo sviluppo di risorse psicologiche e fa sentire utili, permea ogni indivisuo che la svolge, che sia giovane, adulto o anziano. In conclusione, qualunque sia la motivazione di fondo, il volontariato produce benessere psicologico per chi lo riceve, per l’ambiente in cui viene esercitato e per il volontario stesso.
LUCA PIZZONIA
Commenti
No Banner to display
“Ponte di via S. Giacomo dei Capri: i soldi ci sono”
Aldo Masullo riceve la cittadinanza onoraria
Napoli Comics chiude i fumetti perdono la casa
Dai principi di Santobono all’Ospedale pediatrico
La moda al Vomero indossa il nastro rosa in favore dell’ Airc.