Quando cala il sipario sugli Spazi Storici
“Più il teatro è stato prestigioso, più la miseria della sala vuota divora!”
Questa frase di Vinicio Capossela introduce un viaggio nei “luoghi teatrali” vomeresi, nei teatri abbandonati, sprangati, trasformati, inutilizzati, spariti. Quelli dove le poltrone sono state sostituite da scaffali e tavolini. Di cui gli abitanti del quartiere hanno persino dimenticato l’esistenza: passando davanti a quelle saracinesche abbassate non sospettano che lì dietro nacquero esperienze culturali significative.
Fin dall’inizio del secolo scorso il Vomero era ricco di caffè, ritrovi, negozi, cinema, teatri: Sala Regina, Sala Floridiana, Vomero. Nei locali che ospitarono l’Ideal ora c’è Zara: è ancora possibile scorgere il foyer e la struttura portante del vecchio locale! Ma, con una frenesia tipicamente commerciale, non sono durati nel tempo. Recentemente sono spariti l’Ariston (adesso banca e centro fitness), il Colibrì (palestra), il Bernini (abbigliamento per bambini), il Cineforum Spot (oggetti d’arredamento), l’Abadir (super-mercato). Come una parte dell’Arcobaleno.
Restando nell’ambito degli spazi specificatamente teatrali chi ricorda, ad esempio, che all’interno della Villa Floridiana esiste un teatrino all’aperto detto “di Verzura”? Sommerso dal verde sembra uno di quei finti ruderi che, con serre e tempietti neoclassici, abbellivano il parco. La struttura, progettata dall’architetto Antonio Niccolini, rappresenta una notevole opera di architettura del paesaggio: il palco in pietra a pianta ellittica, basse siepi di mirto a fare da quinte, la platea, la doppia gradinata di piperno che può contenere 150 spettatori. Da anni è inutilizzato.
Altro teatro “muto” (ma non potrebbe essere altrimenti visto che si tratta di una riproduzione) è il modello in dimensioni reali della scena del teatro San Carlino, esposto al Museo di San Martino. L’originale, si trovava a piazza Municipio ed era il regno di Petito e Scarpetta. Fu demolito nel 1884.
Il modello fu realizzato nel 1898 per l’Esposizione Nazionale di Torino. In scena alcuni manichini rappresentano “personaggi nell’atto che eseguono una commedia popolare”. Picasso visitò queste sale nel 1917 e si ispirò alle raffigurazioni di Pulcinella per realizzare, da lì a poco, scene e costumi dell’omonimo balletto di Stravinskij messo in scena dal celebre coreografo Massine.
Un particolare tipo di “luoghi teatrali” sorse all’interno delle ville edificate sulla collina in epoche diverse.
Il conte Francesco Garzilli attrezzò la terrazza porticata dell’omonima villa settecentesca (in salita Arenella) per offrire spettacoli estivi ai suoi ospiti. Ed è probabile che due ville storiche del Vomero, quella rinascimentale del Pontano (ad Antignano) e quella seicentesca di Giovanbattista della Porta (all’Arenella) avessero spazi teatralizzabili. Non ne restano neanche i ruderi e le nostre sono solo ipotesi. Però la zona delle cave sotto villa della Porta veniva chiamata “il Teatrino”.
Un altro teatro non utilizzato come meriterebbe è quello della meravigliosa Villa Patrizi che in verità si trova a cavallo tra Vomero e Posillipo, all’inizio di via Manzoni. Raro esempio nel meridione di teatro “di palazzo” settecentesco, fino all’ultima guerra era ancora in ottimo stato. Quando gli alleati lo utilizzarono per allestire spettacoli per le truppe gli affreschi e gli archivi furono compromessi e alcune parti perdute per sempre. Sopravviveva l’antico sipario, dipinto con l’allegoria delle Muse, ma fu gravemente danneggiato da un incendio nel 1998. “Dopo il restauro finalmente riaperta al pubblico una prestigiosa location per eventi” si può leggere ora sul sito “teatrovillapatrizi.com”.Concludiamo la prima parte di questa breve indagine con i curiosi avvenimenti che rischiarono di far chiudere per sempre il sipario di una delle più celebri sale di Napoli e d’Italia, il Teatro Diana. Come leggiamo in “Un teatro chiamato Diana” di Renato Ribaud fu inaugurato ufficialmente il 16 marzo 1933 alla presenza del principe Umberto di Savoia ma aveva già iniziato la sua attività nel gennaio dell’anno precedente con un’operetta. Lo spettacolo fu sospeso quasi subito per il ricorso dei proprietari dello stabile vicino. E Giovanni de Gaudio, proprietario e fondatore, fu costretto ad abbattere un’intera ala dell’edificio per ridurne la capienza da 1350 a 945 poltroncine. E almeno per il teatro Diana quel sipario potè rialzarsi. Nella prossima puntata ci occuperemo di anni più recenti: l’eroica stagione dei Teatri Cantina.
Nicola Miletti
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