LO SPETTACOLO DEVE CONTINUARE
EDITORIALE DEL DIRETTORE
Quante volte abbiamo sentito questa frase, titolo anche di una celebre canzone dei Queen? Tante, alcune volte come uno sprone irrinunciabile ad andare avanti, altre volte invece lo spettacolo si sarebbe dovuto fermare. Lo sport è costellato di scempi, conseguenza dello “Spettacolo deve continuare”. L’ultima dolorosa pagina ha riguardato il Motomondiale, proprio nel Gran Premio d’Italia. Jason Dupasquier, un ragazzo di 19 anni, è stato vittima di un terribile incidente durante il quale ha perso la vita. Il circo delle moto si è fermato… per un minuto di raccoglimento. Si è commosso, ma in meno di 24h è ripartito, quasi come nulla fosse, infischiandosene anche della sensibilità di alcuni suoi protagonisti.
Un episodio così grave non può che richiamarne altri. Come dimenticare il mitico Michael Schumacher esultare per la vittoria nel GP di Imola del 1994, mentre Senna lottava tra la vita e la morte. La colpa non è sua, sembra non sapesse della gravità dell’incidente, ma di chi comanda, chi gestisce, chi ordina.
L’esempio più eclatante è la finale di Coppa dei Campioni, del 1985, Juventus-Liverpool. La finale allo stadio Heysel a Bruxelles, la finale del sangue e dei 39 morti. Una partita che non si sarebbe mai dovuta disputare. “Sarebbero potuti accadere altri incidenti”, dicono i sostenitori del “The show must go on”.
Vedere i vincitori esultare, festeggiare nel bel mezzo di una enorme tragedia, Michel Platini con quella coppa sollevata, è stato doloroso. E potremmo andare indietro nel tempo, ai mondiali di calcio del 1978, in Argentina. Una festa popolare mentre a Buenos Aires aumentavano, in maniera incontrollata, i desaparecidos. Lo sport è competizione, sacrificio, tristezza per una sconfitta, gioia per una vittoria.
In un mondo dove sono gli interessi economici a prevalere sullo spirito sportivo, il dubbio sulla regolarità si fa sempre più spazio. Fermiamoci a pensare, ma stavolta più di un minuto.
Giuseppe Porcelli
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