L’assegnazione della casa familiare
di Gabriella Orsi – Avvocato
Diritto&Diritti
“Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’art. 2643 c.c.” (art. 155–quater, co.1,c.c.).
L’assegnazione della casa familiare viene generalmente disposta dall’autorità giudiziaria – in via provvisoria con i provvedimenti presidenziali; in via definitiva con la sentenza che definisce il giudizio – a favore al genitore cui sono affidati i figli o al genitore collocatario, vale a dire il genitore presso il quale i figli andranno ad abitare stabilmente ed in via prevalente.
L’assegnazione della casa familiare assolve alla funzione di conservare l’habitat domestico dei figli minori o non economicamente autosufficienti, inteso come centro degli affetti, degli interessi e di aggregazione della famiglia. Pertanto, esula dal concetto di casa familiare qualsiasi altro bene immobile del quale la famiglia abbia avuto la disponibilità ed usufruito solo saltuariamente. L’assegnazione imprime un vincolo di destinazione alla casa coniugale, il cui rispetto s’impone anche al coniuge beneficiario, che non potrà mutarne la destinazione di residenza familiare, in quanto detta assegnazione è disposta nell’esclusivo interesse dei figli. Il provvedimento spiega i suoi effetti sino a quando i figli non diventano economicamente autosufficienti ed è suscettibile di revoca nelle ipotesi normativamente previste. Come in precedenza evidenziato, il godimento della casa familiare postula l’affidamento dei figli minori o la convivenza con i figli maggiorenni non ancora autosufficienti, su quest’ultimo aspetto è tornata a pronunciarsi di recente la giurisprudenza chiarendo la portata del concetto “della convivenza e della residenza del figlio maggiorenne”. In particolare, è stato precisato che la nozione di convivenza, rilevante ai fini dell’assegnazione della casa familiare, richiede la stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori, con eventuali allontanamenti sporadici e per brevi periodi, e con l’esclusione, quindi, dell’ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione per il fine settimana, ipotesi nella quale si configura un rapporto di mera ospitalità. Pertanto, il trasferimento di fatto della residenza di un figlio maggiorenne, non economicamente autosufficiente, è stato ritenuto come valido elemento di caducazione del vincolo di assegnazione della casa familiare, con conseguente diritto del coniuge non assegnatario di adire l’autorità giudiziaria per conseguire la formale modifica del provvedimento e, quindi, la restituzione dell’unità immobiliare.”
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