La lasagna
di Mimmo Piscopo pittore
Tra le tante ricette della cucina napoletana assurte agli onori di leggenda per varietà e per derivazione storica, la lasagna si può con legittimo diritto, collocare tra le regine della gastronomia tradizionale.
Alla sazietà che comporta per i suoi componenti, essa dona goduria di appagamento anche per gli occhi, senza alcuna discriminazione sociale.
Probabilmente il termine deriva dal greco “làganon”, sin dalla Magna Grecia, la cui componente primaria ed essenziale è costituita dalla pasta la cui nascita non è facile stabilirla, tra leggende, miti, storie, invenzioni e fantasie popolari che comunque ha costituito uno degli elementi prevalenti della nutrizione il cui amalgama ha creato favole e sortilegi per deschi modesti o principeschi convivi.
Dei maccheroni la bibliografia è sterminata, interessando storici, artisti e letterati che descrivono infinite applicazioni e ricette, spaziando nell’universo gastronomico quale elemento primario. Diversi studiosi hanno ipotizzato la creazione dei maccheroni dalle forme infinite e tra esse la classica pasta di semola e grano a strisce larghe, sin dall’alto Medio Evo e dai cinesi, dove la tradizione vuole che questa abbia fatto parte preponderante della mensa di Federico II° di Svevia, poi della dominazione spagnola che ne fece elemento insostituibile della corte. Dopo le pantagrueliche mense del Rinascimento, vi fu lo “sposalizio” trionfale del pomodoro importato dalle Americhe, e l’800 costituì il secolo d’oro di tale alimentazione, con le benedizioni di personaggi illustri: dalla preponderante golosità di Gioacchino Rossini che elevò questa sostanza, ad indispensabile cibo quotidiano, dove i napoletani ne imitarono gusti e quantità, tale da guadagnarsi l’universale titolo di “mangiamaccheroni”. Ebbene, la lasagna divenne regina di deschi regali per la ricchezza dei suoi componenti, specie quale simbolo del periodo grasso del Carnevale. Francesco II° re delle Due Sicilie, per la sua insaziabile passione per questa succulenta sostanza, fu soprannominato “Lasa”, glorificata senza alcuna restrizione fino ai giorni nostri, e Renato de Falco, nell’esaltare con giusta fama, la lasagna, si deve presentare “allutammata ‘e cunnimma”, annegata cioè nel condimento, insieme agli abbondanti ingredienti che costituiscono tale “summa” che, nelle fettucce di pasta larga, con il generoso ed abbondante ragù, vi è ricotta, mozzarella o provola, polpettine di carne, uova, salame e salsicce, un ricco spolvero di parmigiano e c’è chi aggiunge funghi ed una spruzzata di vino bianco, quindi una bella infornata attende il classico “ruoto” che sazierà anche gli occhi, dal beneaugurante del Nostro: “Cu na bona salute”.
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