La corsa del carruocciolo
Irrimediabilmente, come per chi scrive, il tempo porta a ricordare, rivivere fatti, persone, luoghi ed avvenimenti di un passato neppure tanto remoto, ma apparentemente siderale, quando questi vengono ricordati con nostalgia in tempi più tranquilli della ingenua semplicità dei giochi, dalle memorie che si dissolvono in triste crudeltà. Ed ecco, tra le tante reminiscenze dei vari passatempi e giochi, la corsa dei “carruoccioli”(carrettino di legno su cuscinetti a sfera, usati dai ragazzi per gioco – S.Zazzera)– (base di legno su quattro rotelle, sulla quale i ragazzi corrono per le strade in discesa – A.Salzano). Questa modesta competizione è stata ricordata da cronisti e scrittori con giustificata enfasi, per il coinvolgimento personale ed emotivo dei partecipanti. Gara in sedicesimo sul Vomero i cui tornanti, discese e dislivelli si prestavano egregiamente alla competizione goliardica come quella della corsa dei carruoccioli. Si era negli anni ‘50. Essa veniva organizzata in primavera dal quotidiano “Il Mattino” con il supporto dei commercianti della collina e di altre testate giornalistiche, i cui premi, sia di partecipazione che di competizione, consistevano in coppe, targhe e medaglie, in modo speciale per la originalità del “carruocciolo”, il mezzo di locomozione trasformato appositamente, grazie alla fantasia dei partecipanti, dai relativi numeri sul petto, in eclettismo comico nell’assumere forme svariate, dalla cassa da morto, ai servizi igienici, dal teatrino alla zattera, dalla locomotiva alla stia per polli. Il carruocciolo era semplicemente costituito da una tavola di modeste dimensioni poggiata su due ruote posteriori fisse, di legno o di metallo – cuscinetti – opportunamente lubrificate da grasso o da “sapone di piazza”, e da altre due anteriori su un’asse girevole su un perno, manovrato dal conducente con un robusto spago, mentre da dietro, il “pilota” a guisa di bob a due, gregario, spingeva il mezzo. (M. Piscopo-“Il mio Vomero”). Il carruocciolo – da piccolo carro – era usato anche in altri quartieri di Napoli, data la particolare oleografia cittadina, di scoscese strade, ma per il Vomero la corsa assumeva un esclusivo significato perché frequentata da diversi personaggi del mondo artistico, Roberto Murolo, Agostino Salvietti, Luciano De Crescenzo, Renzo Arbore. La partenza era data in via Morghen, davanti la stazione della Funicolare di Montesanto. Il percorso si snodava tra curve e ripide discese efficacemente protette da transenne e balle di paglia, quando, data la velocità incontrollabile che assumevano questi mezzi, inevitabilmente la corsa si risolveva con ruzzoloni e contusioni varie attraverso via Donizetti, piazza Fuga, tra sostenitori e spettatori concludendosi in via Cimarosa, davanti l’entrata della Floridiana. Qualche edizione, attraverso la “Santarella”, l’arrivo era davanti Villa Scarpetta (“qui rido io”) con l’assegnazione dei premi ed il comico spettacolo di un esercito in rotta per ferite, escoriazioni e fasciature degli “eroici” protagonisti dell’evento. Oggi sarebbe anacronistico, insieme ai ricordi di un’epoca trascorsa e non più possibile, con l’amara constatazione di un quartiere stravolto, difficilmente immaginabile per una dubbia aggregazione giovanile, il cui rimpianto non è solamente per la felice età, ma per le insulse attenzioni che distraggono, da un semplice e goliardico divertimento di un’epoca trascorsa nel pacato ricordo del Vomero.
di Mimmo Piscopo
PITTORE
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