La città obliqua: le scale incantate dal Vomero al mare
‘Su al Vomero’, ‘giù a Chiaia’. Riprendendo una riflessione dell’architetto Francesco Venezia, nell’immaginario popolare la toponomastica napoletana non è legata ai nomi delle strade o ai numeri civici, ma al “prendere una posizione rispetto al corpo”. Napoli è una città in cui l’orientamento è legato, per tradizione, all’alto e al basso, più che ai punti cardinali.
Si contano più di duecento percorsi storici, tra gradinate e ‘pedamentine’, che collegano il mare e la collina. Nati, quasi tutti, dall’interramento di piccoli corsi d’acqua fuori le mura, oggi conservano ancora il loro fascino antico.
Uno dei più suggestivi è il Petraio, che collega, in linea d’aria, Castel Sant’Elmo a Castel dell’Ovo. Parte da via Annibale Caccavello fino a San Carlo alle Mortelle, dove si biforca verso le rampe Brancaccio o i gradoni di Chiaia. A percorrerlo, sembra di riscendere un lungo e stretto torrente dagli argini edificati: una sensazione surreale, che ricorda come doveva essere Positano, prima che il turismo ne prendesse possesso. Sul fronte strada si aprono numerose porte e la vegetazione si arrampica, fitta, lungo le pareti. La tipologia urbana è quella del vicolo, ma quieto, silenzioso, chiuso in se stesso.
Procedendo nella discesa, si apre una sequenza di scorci, prima sul Vesuvio, poi su Capri. Rapiti dall’atmosfera onirica, intercettare il Corso Vittorio Emanuele è pari quasi a un risveglio mattutino troppo in anticipo sulla sveglia.
Lo stesso tipo di esperienza si offre percorrendo calata San Francesco, che parte da via Belvedere, attraversa via Tasso e raggiunge il Corso, dove diventa via Arco Mirelli, verso la Riviera di Chiaia. Così come Salita Cacciottoli, che collega piazza Leonardo con piazzetta Montesanto.
Altro carattere ha la ‘Pedamentina’ di San Martino, l’unica il cui tracciato nasce intenzionalmente, all’inizio del 1300, per permettere l’edificazione delle Certosa. Nonostante la sua vocazione non fosse la monumentalità, la panoramicità e l’ampiezza la rendono una meravigliosa opera di progettazione paesaggistica.
Parte dal piazzale di Castel Sant’Elmo, con una solenne gradinata, dalle alzate basse a sufficienza da poter essere comode, un tempo, per i cavalli. Si snoda, poi, in un lungo percorso pedonale a zig-zag giù per la collina. La silenziosa vista mozzafiato sul centro antico ci accompagna tornante dopo tornante, scoprendo giardini privati e terrazzamenti di agrumeti, fino a Corso Vittorio Emanuele. Da qui, la lenta discesa diventa uno strapiombo monumentale sul centro antico: ci troviamo di fronte le ampie scale di Montesanto, che costeggiano l’ultimo tratto della funicolare.
Più o meno a metà, troviamo la sede di una delle anime che oggi più promuovono la valorizzazione di questo percorso dimenticato: si tratta del Quartiere Intelligente (Q.I.), uno spazio di produzione artistica, gestito dall’associazione Montesanto 3. Rimesso a nuovo un vecchio opificio e un terreno incolto, il gruppo, costituito da giovani professionisti, intellettuali e imprenditori, ha dato vita a quello che definiscono un esperimento di ‘nuova ecologia urbana’.
Lo scopo è quello di “divulgare una nuova cultura ambientale e tecnologica, sensibile alle tematiche del riciclo, del risparmio energetico, della sharing economy, della ricerca artistica contemporanea”.
Grazie alle iniziative del Q.I., le scale di Montesanto sono state lo scenario di numerose iniziative di rigenerazione urbana, come il periodico mercatino del biologico e del riuso, performance artistiche e, alcuni anni fa, un suggestivo White Wedding, con una cena sociale, aperta al pubblico, proprio lungo le rampe.
Sono numerose le associazioni nate con l’intento di salvaguardare gli antichi percorsi verticali partenopei: una di queste è Le scale di Napoli, che promuove “ogni iniziativa idonea alla realizzazione del recupero e del restauro delle scale e gradinate di Napoli”, spesso in collaborazione con il Comune, la Municipalità e le Soprindendenze. Una di queste è Tu scendi dalle scale, appuntamenti periodici di trekking urbano e passeggiate narranti lungo le più segrete rampe della città.
Anna Sirica
foto di Lucia Dovere
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