Intervista a Stefano De Crescenzo
L’eterno ragazzo dell’acquabike
Sono tornato dopo 10 anni per vincere tutto
L’eterogeneo mondo dello sport napoletano ha un rappresentante di valore anche nell’acquabike, disciplina in grande crescita nel panorama italiano.
È Stefano De Crescenzo, 51 enne del Vomero. De Crescenzo è salito su uno scooter d’acqua per la prima volta nel 1991, ha vinto titoli nazionali ed internazionali ed oggi a 51 anni, dopo 10 di stop forzato per un infortunio alla schiena, lancia la nuova sfida.
De Crescenzo, partiamo dalle basi: che cos’è l’acquabike?
“Si tratta di una moto d’acqua che è possibile acquistare in qualsiasi concessionaria. Esistono varie classi: dalla Stock, che prevede la modifica dell’elica e della centralina, alla Super Stock, che consente di modificare pesantemente il motore. La mia categoria è 300 cavalli, con le modifiche arriviamo fino a 600. E poi la classe Stand Up, in piedi sullo scooter d’acqua. In questa categoria ho vinto un europeo molti anni fa, oggi si sta avvicinando mia figlia di 12 anni”.
I suoi programmi quest’anno?
“Parteciperò al campionato italiano nella nuova classe Spark: motori da 120 cavalli, tutti contro tutti senza esclusione di colpi. È una categoria che costa poco, con circa 10-12 mila euro si può acquistare la moto ed essere competitivi. Affronterò cinque tappe in tutta la stagione, le prime 3 si sono già svolte”.
Obiettivi?
“Punto al podio. Ma non è facile, sfido altri 23 piloti: prima le batterie, poi la gara. Si parte tutti insieme come nel motocross e si compiono due giri girando intorno ad una boa fissata in mare. La difficoltà maggiore? La mia età!”.
A 51 anni sfida i teenager…
“In acqua mi ritrovo contro ragazzini di 16-18 anni, peso medio 75 kg. Il vero problema però è l’infortunio alla colonna vertebrale che mi ha costretto a rinunciare all’acquabike negli ultimi dieci anni, ho dovuto fare cure con il cortisone e ozono che hanno provocato un aumento del peso.
Operarsi avrebbe significato rinunciare allo sport, così abbiamo provato una nuova terapia. È andata bene”.
Il vostro sport fisicamente è molto dispendioso…
“Serve un allenamento non indifferente, si guida sempre in piedi. Sono 10 minuti e in quei 10 minuti occorre dare il massimo, contro ragazzini ben preparati”.
Cosa l’ha spinta a tornare?
“Me l’ha chiesto mia figlia dodicenne: impossibile dirle no. E poi ho trovato la collaborazione di uno sponsor, Jadea, che ha deciso di avvicinarsi a me dopo il periodo di forzata inattività, dandomi il supporto utile per questa nuova sfida. La moto è griffata con i colori dello sponsor”.
Il vostro sport è pericoloso?
“Non più degli altri. Serve chiaramente disciplina in mare, mi sto impegnando affinché tutti rispettino i concorrenti in gara ed i bagnanti”.
È un incarico federale?
“Sì, l’ho già qualche anno fa per addestrare la Polizia in mare. Adesso mi hanno dato la gestione del settore giovanile, con i ragazzini parliamo dei pericoli da affrontare e delle regole da seguire. Ma anche di come andare più veloci. Il mio sogno è trovare un erede che possa continuare a difendere i colori napoletani dopo di me”.
Quest’anno gareggerà anche in acque internazionali?
“Sì, sarò in Croazia ad agosto per gli Europei, poi in Francia per la seconda prova del mondiale a Montecarlo oppure a Cannes. E ho già partecipato alla prima tappa del Mondiale in Sardegna nei mesi scorsi. La prossima è a Dubai, vedremo”.
Qual è il suo lavoro?
“Tratto legnami e parquet, poi ho inventato una bici elettrica che ha 100 km di autonomia, raggiunge i 40 km orari di velocità ed è molto performante”.
Com’è nata la passione per la velocità?
“Il mio idolo da ragazzino, Damon Bradshaw, si allenava d’inverno col motocross e d’estate con il jet sky, una moto d’acqua guidata in piedi.
Da giovanissimo già guidavo il motocross, così decisi di fare come lui: arrivai due volte sul podio dei campionati italiani in 3 anni, e vinsi anche l’Europeo con la Nazionale. Sono stati quasi vent’anni molto intensi”.
Poi l’infortunio.
“In una gara ebbi uno schiacciamento delle vertebre che mi lasciò paralizzato sulla moto. Devo molto al prof. Lillo Vassallo che con una nuova tecnica mi ha rimesso di nuovo in moto.
Tornare alle gare è stata una grande emozione. E adesso non voglio più fermarmi”.
Marco Caiazzo
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