Intervista a Miriam Candurro: In viaggio dalla tv alla scrittura
La mia adolescenza tra studio e Jack Frusciante
Miriam Candurro, giovane attrice napoletana, ha esordito cinematograficamente con “Certi bambini”, poi ha continuato la sua carriera partecipando a numerose serie televisive di successo, come “Un posto al sole” e “I bastardi di Pizzofalcone”. È anche mamma, e di recente è diventata anche scrittrice di successo, autrice insieme con Massimo Cacciapuoti del romanzo Vorrei che fosse già domani (Garzanti). Miriam Candurro ha una altra caratteristica: è vomerese doc, e per questo ha deciso di raccontarsi al Vomero Magazine tra ricordi d’adolescenza, amore per i libri, affetto per il suo quartiere, dove è nata e tuttora risiede.
Come trova il suo quartiere rispetto a dieci o venti anni fa?
«Io appartengo a quella parte dei vomeresi che si ritiene abbastanza contenta di com’è la situazione soprattutto dopo i lavori di via Luca Giordano, dove la zona è stata resa completamente pedonale, la trovo molto migliorata. Certo, c’è anche da dire che le strade della movida dovrebbero essere più controllate, soprattutto nel weekend».
Si riferisce alle baby gang?
«Sì, c’è bisogno di più pattuglie, più presenza della polizia, però credo che la situazione sia migliorata rispetto a qualche anno fa. Rimane il fatto che il Vomero comunque è una delle vetrine della città e quindi sarebbe giusto e importante che le forze dell’ordine fossero presenti in maniera più massiccia. Anche perché non credo che ai vomeresi crei problemi avere una presenza fissa di pattuglie con lo scopo di fare più controlli, anzi secondo me sarebbero tutti più tranquilli e sereni. Inoltre, in questo modo, si permetterebbe ai turisti e ai napoletani del quartiere, che magari vogliono intrattenersi anche fino a tarda notte, di non correre grossi rischi».
Nel suo libro racconta una storia di amicizia, pensa che questa sia ancora un valore tra i giovani?
«Senza dubbio. Ho raccontato questa storia proprio perché speravo di arrivare ai giovani e speravo di far capire loro che l’unione fa la forza, nel vero senso della parola. Spesso ci sentiamo, a maggior ragione in questo periodo in cui i social ci rendono tutti apparentemente amici, soli. Perché siamo soli davanti allo schermo, mentre mettiamo un like o pubblichiamo un selfie. Invece l’amicizia ti offre possibilità diverse».
Per esempio?
«Vivere vicino ad un’altra persona e quindi condividere, non virtualmente, esperienze e sensazioni reali e autentiche, insomma la propria la vita, il che permette di crescere nel vero senso della parola. E poi soprattutto quando si è adolescenti si può apprezzare l’amicizia».
Perché?
«A quattordici o quindici anni si attraversa il periodo più complicato della vita. Per superarlo prima di tutto bisogna avere delle persone a cui appoggiarsi, persone che non siano necessariamente i genitori. Anzi i genitori devono fare un passo indietro secondo me, devono permettere ai figli di vivere l’adolescenza in maniera consapevole e autonoma, perché è da lì, affrontando le piccole battaglie, che poi si cresce e ci si prepara per quella che sarà la vita vera e propria».
Torniamo all’importanza delle amicizie
«Sono fondamentali, come la scuola, che deve offrire ai ragazzi un supporto culturale, perché la libertà vera viene dalla cultura, e non dalla possibilità di poter uscire la sera senza controllo».
Lei come ha superato la sua adolescenza?
«Studiando e leggendo tanto. Quando ero ragazza non esistevano i social network. Sono maturata sui libri, prima di tutto quelli di scuola, e con gli amici che sono rimasti tali anche con il passare degli anni. Dunque sono passata indenne attraverso l’adolescenza grazie alla semplicità più assoluta.
Si ricorda i libri che più l’hanno accompagnata durante l’adolescenza, che più l’hanno aiutata?
«Il primo libro, quello che ha segnato davvero la mia adolescenza, è “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” di Brizzi. Poi Baricco e i contemporanei. Ho scoperto che oltre i classici c’erano scrittori che mi parlavano avendo presente il tempo in cui vivevo. E mi hanno dato un grande conforto». Insomma meno facebook e più libri
«Un motto che dovrebbe essere affisso all’ingresso di ogni scuola».
Ugo Cundari
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