INTERVISTA A EMANUELE CALAIÒ: “L’ ARCIERE”
SICILIANO DI NASCITA, MA CAMPANO PER AMORE DEL CALCIO
Ci sono alcuni calciatori che, pur non avendo mai avuto l’occasione di alzare un trofeo al cielo, sono riusciti a diventare iconici per un’intera generazione di tifosi. Uno degli attaccanti che è riuscito in questa impresa, conquistando a pieno titolo un posto nel cuore del popolo partenopeo, è Emanuele Calaiò, simbolo di quella rinascita che a metà degli anni 2000 permise al Napoli di ritornare a calcare i campi della massima serie. L’”Arciere”, appellativo guadagnato dai suoi sostenitori per la distintiva esultanza dopo ogni rete, continua ancora oggi a fare della sua passione più grande, il calcio, la sua vita e il suo lavoro.
L’ex calciatore azzurro: che dispiacere il Napoli fuori dalla Champions
Dopo tanti anni dal primo approdo all’ombra del Vesuvio, come vive il rapporto con la città?
“Sono arrivato nel 2005 a Napoli, in una società che mi ha dato tanto. Da subito la città mi ha conquistato e, in seguito, ho anche sposato una vomerese, per cui adesso vivo qui da ben 15 anni. Con i miei nuovi incarichi a Salerno riesco a bilanciare la mia vita lavorativa con facilità. Pur essendo nato a Palermo, mi sento anche un po’ napoletano e senza dubbio sono legato al mio quartiere, alla città e alla società calcistica di cui seguo le vicissitudini”
Napoli che quest’anno, tuttavia, non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi stagionali. Cosa è mancato nel momento più importante?
“È stato un grande dispiacere vedere come si è concluso il campionato, proprio perché nelle ultime partite di campionato il Napoli si era dimostrato una delle squadre più in forma. Il rimpianto è stato grande perché con il Verona, pur giocando male, la squadra era riuscita a passare in vantaggio. Purtroppo il gol del pareggio, subito a difesa schierata, ha provocato nervosismo nei giocatori, che non sono riusciti a reagire. Peccato perché la Champions era fondamentale per le casse della società: sia per far ritornare i tifosi allo stadio, che per fare investimenti importanti. Ora, invece, il Napoli, che dovrà rifondare quasi tutto con allenatore e giocatori nuovi. Probabilmente ridimensionerà il suo progetto”.
Parlando dell’altra sponda campana, invece, la Salernitana è la società che le ha dato la possibilità di cominciare una carriera post-calcistica in ambito dirigenziale. Quanto vale la promozione in questo ambiente?
“Conquistando la Serie A, si è fatto qualcosa di straordinario. L’obiettivo era quello di arrivare ai play off, ma grazie al lavoro della società e dei tecnici, si è riusciti ad andare oltre ogni aspettativa. Una squadra che ha dimostrato una grande solidità, soprattutto difensiva, e che merita ciò che ha ottenuto. La piazza può essere contenta per ciò che è stato fatto. Io ora a Salerno mi occupo di scouting per la prima squadra, ma fino a poco tempo fa ho gestito il settore giovanile”.
Come è stato vissuto il calcio dall’ambiente delle giovanili in questo periodo così complicato?
“Purtroppo, nel corso dell’anno ho potuto assistere da vicino a tutte le difficoltà affrontate dai ragazzi, che, nel pieno dell’adolescenza, hanno dovuto interrompere sia le attività scolastiche che quelle sportive. Soltanto la “Primavera” è riuscita a continuare a pieno ritmo, ma dagli under 17 in giù, senza potersi allenare, è stata dura. Purtroppo, chi doveva migliorarsi, sia per tecnica che per mentalità, è rimasto indietro”.
Uno dei temi più dibattuti negli ultimi tempi è stato quello della Superlega.
“Io non ero d’accordo e, per fortuna, il progetto è naufragato. Il calcio, pur essendo cambiato, deve continuare ad essere un gioco in grado di appassionare e divertire. La Superlega era dettata dal business, da interessi economici di grandi squadre che volevano tutelarsi, o trarre benefici, dopo il difficile periodo della pandemia. Ma il calcio non è questo. Basti pensare alla meravigliosa favola sportiva della Salernitana di quest’anno, che, con la sua promozione in serie A, ci ricorda le vere emozioni che questo sport sa regalarci”.
Gabriele Russo
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