Indossiamo una maschera per Carnevale ma non per tutta la vita
A guardare le luminarie natalizie ancora presenti al Vomero non si direbbe, eppure siamo arrivati a Carnevale. Siamo piombati nel periodo in cui qualcuno indossa una maschera, mentre qualcun altro smette per un po’ di indossare la maschera che ha sul viso tutto l’anno. Il Carnevale permette a molte persone di liberarsi, almeno per alcuni giorni o solo per una serata, delle regole della vita quotidiana e di sperimentare una parte di loro più libera e giocosa. La maschera, per qualche ora, ha il compito di dare una forma specifica a questa parte di noi, di rappresentarla materialmente. Il Carnevale è un moto di libertà interiore, una rivoluzione istintiva ed indolore che dura un giorno e non lascia ripercussioni nei restanti giorni dell’anno. Per un giorno, infatti, potete essere chi volete. Pulcinella, superman, un attore famoso, il presidente di una Nazione, il personaggio di un fumetto oppure quello di un film. Da sempre, il Carnevale è stato l’unico periodo durante il quale è possibile sovvertire l’ordine prestabilito e rovesciare le certezze di tutto un anno, fin dai tempi antichi. Poi, passato il Carnevale, tutto torna come prima. Si tolgono le maschere carnevalesche e si indossa la maschera che si aveva prima sul viso. E ciò vale, purtroppo, per molte persone, eccezion fatta per quei pochi che non hanno mai barattato la loro identità né l’hanno confusa con il ruolo che interpretano all’interno della società. Ordine e caos si alternano nei giorni di Carnevale. Così come avviene nella vita, quando siamo costretti ad usare una maschera per adattarci alle situazioni in cui siamo. Una maschera, come diceva Carl Gustav Jung utilizzando però il termine “Persona”, che non è nient’altro che l’attitudine a mostrarci a seconda del contesto in cui ci troviamo. Ed è proprio grazie alla maschera, ovvero alla funzione “Persona” che siamo in grado di mostrare al mondo diverse parti di noi e di adeguarle, di volta in volta, alla situazione.
Man mano che cresciamo, infatti, nel corso della nostra vita, cerchiamo di dare una forma al disordine di che cosa percepiamo di essere e a tale scopo, per decidere cosa vogliamo essere, spesso indossiamo varie maschere per adeguarci alle situazioni esterne. Ciò avviene sin da bambini, quando cioè iniziamo a definirci in base allo sguardo dei nostri genitori ed alle loro aspettative ovvero alle maschere che i genitori ci fanno indossare quando ancora non ne abbiamo una nostra. La maschera è funzionale all’adattamento dell’uomo, in quanto gli permette di modularsi e presentarsi in base alle richieste dell’esterno: incarnare un ruolo, soprattutto se questo è socialmente condiviso, aiuta a semplificare le relazioni. Il rischio, come spiega Jung, è che la “Persona” si identifichi con l’Io. Ovvero che la “Persona” metta a tacere l’Io e l’Io si identifichi con la “Persona”. In questo caso, si rischia un completo appiattimento del proprio essere in funzione dello svolgimento di un ruolo sociale. La “Persona”, o maschera, può annichilire l’animo umano. Incarnare un ruolo che non ci appartiene mette in ombra la nostra vera essenza, toglie forza al nostro vero essere privandolo dell’energia necessaria per esistere. E allora, cari lettori, indossiamo una maschera per il giorno di Carnevale. Non per tutta la vita.
di ALESSANDRO MIGLIACCIO
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