Il tesoro nascosto del Vomero ecco Villa Scarpetta
Situata nella quiete dell’area del Petraio,
l’abitazione dell’illustre commediografo
napoletano fu costruita alla fine dell’800
Nella zona panoramica del nascente Vomero, nella quiete di quella via che accarezza le balze di S.Martino, sorsero alla fine dell’’800, alcuni villini, dallo stile eclettico, grazie alla inconfondibile linea degli Avena, gli architetti che hanno marcato gran parte del quartiere, insieme alla amena pace di quel profumato ed agreste periodo vomerese.
Il commediografo-attore, Eduardo Scarpetta, scelse il luogo nei pressi del Petraio, quando nel 1909 si ritirò dalla tumultuosa scena dello spettacolo che aveva polarizzato la sua verve e dall’interesse degli ampi consensi del pubblico che lo acclamava.
Gaetano Marcolini, un romagnolo dall’intuito di accorto imprenditore, fece nascere il Parco a lui intitolato; uno sviluppo edilizio di signorile fattura, dove Scarpetta si fece costruire la Villa intitolandola la “Santarella”, nella solitaria via dedicata a Luigia Sanfelice, la patriota che in quei luoghi la videro protagonista dei moti del 1799, verso S.Elmo.
Grazie alla fortunata commedia che Scarpetta interpretava nel folto programma delle “Scarpettiane”, nei vari teatri, egli derivò da una farsa francese “Mademoiselle Ninoutche”, “Na Santarella” (1889) in chiave comica-partenopea, realizzando guadagni tali da permettergli la costruzione della Villa nell’incantevole luogo che dominava il piacevole panorama.
Ma Scarpetta potette godere per poco questa villa-castello; la dovette vendere nel 1911.
Le ragioni di questa sofferta decisione furono diverse e contraddittorie. Si insinuava che l’avesse persa al gioco, e chi per l’insistenza della moglie che non gradiva il dorato isolamento, abituata al frivolo cicaleccio della sottostante metropoli.
Egli, per lenire in parte il dispiacere, con amarezza, ma con punto di ilare condiscendenza, nominava il maniero : “Me pare nu cumò sotto e ncoppa”, per le sue torri merlate che si stagliavano nel cielo sulla collina, visto dalla città bassa.
Ed in onore alle sue interpretazioni comiche ed allegre, fece apporre sulla facciata la scritta: “Qui rido io”, provocatoriamente nota come particolare momento di un’epoca.
Scarpetta invitava a questa corte, personalità, letterati, artisti, notabili, offrendo ospitalità nel profumato giardino confinante con la adiacente Villa Hertha, quando la bella stagione lo consentiva, la cui atmosfera incantata ispirava poeti e pittori.
Nel privarsene, non abbandonava l’acuta nostalgia di una dimora da favola, anche quando andò a vivere nel palazzo fattosi costruire a Chiaia, sempre per desiderio della moglie che amava la mondanità cittadina “tra la pazza folla”.
Nelle frequenti visite di quel luogo, della “Santarella”, chi scrive ebbe occasione di conoscere da un “guardaporte” del posto, discendente di un custode della villa, un fatto curioso per la mania del nostro.Egli aveva l’abitudine di conservare lampadine fulminate, inservibili, in un baule che, si diceva, le avrebbe vendute a quei personaggi da circo che, chi ricorda, si esibivano sulle strade cittadine con apparati e fucili ad aria compressa per colpire i bulbi vitrei.
Capriccio o taccagneria ?
Mimmo Piscopo
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