IL RICORDO DELLE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI
75 anni fa la ribellione del popolo
“Non sapere che cosa sia accaduto nei tempi passati, sarebbe come restare per sempre un bambino. Se non si fa uso delle opere delle età passata, il mondo rimarrà sempre nell’infanzia della conoscenza”. Grazie a queste importanti riflessioni, Cicerone ricordava l’importanza di quelle che oggi potremmo definire le ‘competenze sociali e civiche’, richieste agli studenti dai vigenti ordinamenti scolastici. Un saper fare memoria, che diviene presupposto irrinunciabile per ogni percorso didattico, necessariamente teso ad una conoscenza interattiva e partecipata del proprio territorio. Lo sanno bene i ragazzi delle Scuole Superiori della V Municipalità, che il 2 ottobre hanno ripercorso i luoghi della memoria vomerese delle “Quattro Giornate di Napoli”, ricordando il corteo funebre che dal Liceo Sannazaro, che le ospitava, aveva accompagnato, appunto 75 anni fa, le vittime della famosa insurrezione popolare fino allo Stadio del Littorio per il rito funebre. Non a caso, la piazza adiacente allo stadio fu in seguito chiamata “Quattro Giornate” e lo stadio rinominato “Stadio della Liberazione”, prima di divenire lo “Stadio Collana” come noi lo conosciamo. Ad Adolfo Pansini, giovane studente vomerese ucciso, a solo 20 anni, nell’ultima delle Quattro giornate, appunto il 30 settembre 1943, è stata invece intitolato l’omonimo Liceo.
A differenza di Gennaro Capuozzo (11 anni), Filippo Illuminato (13 anni), Pasquale Formisano (17 anni) e Mario Menichini (18 anni), Adolfo Pansini non ottenne una medaglia d’oro al valor militare, ma la sua storia, come altre ricche di eroismo e di abnegazione, racconta una pagina bella e felice di Napoli e una capacità di trasformare la rabbia e la disperazione, che avevano caratterizzato gli anni del conflitto bellico, in un fronte coeso a cui i tedeschi non poterono opporre resistenza.
I napoletani furono i primi in Europa a scacciare (e con le sole proprie forze) i nazisti, in seguito all’armistizio, datato 8 settembre 1943, e concesso dal comandante Eisenhower al governo italiano “nell’ intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione”.
La Storia ci racconta che fu questa ‘rete’ di scugnizzi e di massaie, di uomini colti e di studenti, di passaparola e di corse da un quartiere all’altro della città, a rendere possibile la realizzazione di quello che doveva apparire ai napoletani di allora poco più di un sogno: la agognata libertà. E non è un caso che il concerto della Banda dell’Arma dei Carabinieri, tenutosi al San Carlo il 27 settembre in commemorazione dei settantacinque anni delle “Quattro Giornate di Napoli” avesse come titolo: “La Libertà non è un sogno, ma una conquista”. Una libertà che i napoletani hanno pagato a caro prezzo.
Dimostrando di saper essere, all’occorrenza, un popolo di eroi.
Gianpaola Costabile
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