Il desiderio di divulgare l’amore per la lettura
Mauro Giancaspro ex direttore della Biblioteca Nazionale
Personaggio sui generis Mauro Giancaspro, napoletano di padre pugliese e madre abruzzese, laureato in Lettere antiche. Per venti anni direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, poi per due anni direttore ad interim di quella dei Gerolamini. Oggi è scrittore e apprezzato caricaturista. Fresco del Premio Vomero, tributatogli a dicembre per i suoi meriti letterari, è un degno esponente della intellighentia collinare. Dal Centro, la sua famiglia si trasferì al Vomero “negli anni ’50, periodo in cui tante famiglie napoletane furono attratte dal nuovo insediamento residenziale”. Del Liceo Sannazaro, che ha frequentato da ragazzo, ha un ricordo triste “per l’eccessiva severità del corpo docente, perché non era previsto intervallo, non organizzavano gite, e gli ingressi di ragazzi e ragazze erano divisi”. A suo parere oggi il Vomero “è un quartiere con gli stessi odori, sapori, panchine e fioriere che si trovano nel resto della città, ma ai tempi della mia infanzia il Vomero Vecchio, la ‘Via per colles’, oggi via Belvedere, e il famoso, malfamato “serraglio”, avevano una ben più marcata tipicità”. “Al Vomero”, racconta, “fino alla metà degli anni ‘50 c’era un’isola, tra Via Belvedere, l’inizio di Via Aniello Falcone e il Vicoletto Belvedere, costituita da una serie di case che formavano un anello chiuso su cui si apriva un solo varco da Via Belvedere. Le opere realizzate dal Regime tra il 1925 a il 1930, congiungendo la nuova Via Scarlatti con l’antica Via Belvedere, spazzarono via il Serraglio. I benpensanti del quartiere lo ritenevano luogo malfamato dove un ragazzino di buona famiglia non doveva entrare”.
Mauro Giancaspro tocca anche argomenti attuali e, per certi versi, caldi del quartiere come la discussa ricollocazione della fontana di Tatafiore: “Bella e moderna; ma non credo che il centro di Via Scarlatti sia il posto ideale”. Mentre sullo stato della Floridiana osserva: “Per me, come per tutti i vomeresi, la Floridiana ha cadenzato i tempi della vita. È il posto del Vomero che amo di più e spero che possa prestissimo tornare agli antichi splendori di quando ero bambino”.
Passando al suo presente, l’ispirazione letteraria di Giancaspro è nata dal desiderio di divulgare l’amore per la lettura. Discorrendo di biciclette, dinosauri, latino o dischi in vinile, Giancaspro spiega come la tradizionale enciclopedia cartacea sia meglio di Wikipedia, che poche fotografie in ambientazioni panoramiche e con pose divertenti siano meglio di 200 selfie col cellulare, che l’Orient Express era meglio del Frecciarossa. Concetti sostenuti anche nel suo ultimo lavoro letterario “Al computer preferisco il nonno”, nel quale l’autore ripercorre, come nonno in pensione, ma in piena attività intellettuale, i dialoghi coi nipoti che, inizialmente, si mostrano perplessi nei suoi confronti, definendolo riottoso alle moderne tecnologie, ma, pian piano, ascoltando i suoi racconti, comprendono che il Libro, fino a quel momento oggetto ignoto, diviene un fantastico mondo di informazioni da scoprire.
“È noto che si legge poco al Sud Italia a fronte di una enorme produzione libraria – prosegue Giancaspro -. Per i giovani, la lettura rimanda al manuale scolastico, guardato con noia e ostilità, mentre il libro è piacere, trasgressione, emozione, sogno e libertà”. Ricorda che “Orwell, nel romanzo ‘1984’ preconizzava la ‘neolingua’ voluta dal Potere come tronca e abbreviata”, (come lo sono oggi gli acronimi TVB TVUMDB etc. in uso tra i più giovani nei social, chat e telefonini). L’abbandono della lingua tradizionale a favore della ‘neolingua’ “rischia di condurre, come ha scritto Giuseppe Montesano, a un analfabetismo delle emozioni e dei sentimenti”. Per questo è fondamentale la difesa degli spazi culturali esistenti al Vomero, come la Biblioteca Comunale di Via de Mura, e i pochi caffè letterari, ma la lettura e la letteratura debbono soprattutto riconquistare, nel cuore giovani, quello spazio che i genitori hanno lasciato occupare da cellulari, tablet e videogiochi, affinché essi riorganizzino la propria scala di valori, mettendo la cultura degli affetti al di sopra del computer e dei selfie.
Marcello Ricciardi
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