IL BIGLIETTO DA VISITA
Il fatidico pezzettino di carta o cartoncino con impressa generalità e titoli che, spesso, senza poter appurarne la veridicità, ne mostra la posizione sociale: il “biglietto da visita”.
Esso apparve la prima volta nel ‘600 in Francia, sotto Luigi XIV il Re Sole, volendo sottolineare nobili condizioni. Quale documento d’identità dichiara l’attitudine biografica dell’essere, o meglio, quel che dice di essere.
Ci si qualifica con orgoglio nel sottolineare nomine ed onori dai roboanti aggettivi come i titoli nobiliari, dimostra dose di distacco verso i comuni mortali, con consapevole spocchia che sfocia in comici e paradossali paradigmi come: Dott. Cav. Comm. Grand’Uff. On. Avv. Eccell. E da inconsueti titoli: Roulettista, Poltronaio, Cuciniere, Pantalonaio, Tombeur de Femmes! (sic).
Tuttavia, alcuni che con giusto diritto potrebbero vantare titoli e qualifiche prestigiose, con umiltà e modestia, ne hanno rinunciato, creando documenti storici di pura modestia: Enrico De Nicola, su carta da visita, si fregiò della sola intestazione di redattore, quale giornalista, e non: Deputato, Senatore, Presidente della Camera, Capo dello Stato, oltre che imbattibile avvocato oratore di Corte di Appello e di Cassazione, quali legittimi titoli.
Di esempi simili se ne potrebbero ricordare diversi, ma per concludere, la grata memoria va al pittore Maestro d’Arte Angelo Capozzi che singolarmente mostrava il suo biglietto da visita così: Angelo Capozzi- NIENTE.
di Mimmo Piscopo pittore
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