GLI STRUFFOLI
Il dolce più caro ai napoletani: gli struffoli. La sua presenza si impone per prelibatezza e per evidenziare il periodo natalizio.
Esclusiva proprietà di religiose che nei loro conventi, di Santa Patrizia e delle cosiddette “trentatre”, confezionavano, in legittima segretezza, squisite golosità.
G. B. Basile nel suo “Pentamerone” evidenzia la simpatica nomea dei preti, “strangolapreti” ghiotti divoratori di gnocchi e dei simili struffoli che di converso attribuivano alle monache, l’attributo di “strangolamonache”. Tra le numerose e ghiotte specialità, primeggiavano tre tipi di sfogliatelle: la riccia, la frolla e la santarosa; ma la carica di commovente emotività sono gli “struffoli” derivati dal greco “Strongulos”, celebrati sin dall’antichità da Orazio, da G.B. Basile, da del Tufo per la sua semplicità. Pezzetti sferici di pasta all’uovo, “batuffoli”,”gnocchetti”, come usano in Toscana, fritti in olio ed indorati da miele, da cedro e da multicolori confettini. Il modernismo ha superato in buona parte ciò che arricchiva le mense tra lo stupore dei bambini in superstiti tradizioni familiari.
Il particolare cibo costituiva il suggestivo periodo della Natività con umili ma significativi simboli come il Presepe e gli attraenti roccocò “, la robusta ciambella, dal francese “rocaille”, paste reali, “susamielli” con pasta di mandorle e semi di sesamo, e “mostaccioli” che concludevano “ogni sontuosa mensa”, insieme alle “sciosciole”, dette “sfrattatavule”, onorando la mensa della “Divina nascita”.
di Mimmo Piscopo pittore
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