I giovani e la cultura, Daniele: “Invertire la rotta”
Le continue chiusure dei centri di diffusione culturale, librerie e sale cinematografiche, rappresentano una triste realtà per il Vomero e, più in generale, per tutta la città. Vomero Magazine lo ha raccontato con un approfondimento apparso sul numero di marzo. Per parlare di cultura e di strategie per rilanciare il fermento culturale nel capoluogo partenopeo, abbiamo sentito l’autorevole opinione di Nino Daniele, assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli.
Assessore, dopo le ripetute chiusure di librerie storiche si passa ora ai cinema; l’ultimo, in ordine di tempo, l’Arcobaleno al Vomero. Che cosa si può fare per contrastare questo fenomeno?
Spero che la vicenda del cinema Arcobaleno possa trovare una soluzione positiva nel rapporto tra proprietà e gestori delle sale cinematografiche.
Credo che se vogliamo veramente arrestare lo stillicidio di chiusure di luoghi della cultura quali librerie ,sale cinematografiche e teatri,dobbiamo disporre di leggi che leghino i luoghi a ciò deputati a norme di garanzia e a significative agevolazioni.
In più gli incentivi resi possibili dai fondi comunitari devono essere spendibili tenendo conto della specificità e particolarità delle imprese culturali e delle innovazioni che esse debbono sostenere in una fase di così parossistici mutamenti tecnologici.
A proposito di mutamenti tecnologici, sulla crisi delle sale cinematografiche ha certamente pesato l’obbligo di dotarsi di apparecchiature digitali entro il 31 dicembre 2013: ciò comportava un ingente esborso economico che molti cinema non sono riusciti ad affrontare.
L’intero sistema della comunicazione e della produzione culturale e’ attraversato da una profonda trasformazione. La digitalizzazione sta modificando,direi antropologicamente,le modalità di fruizione dei consumi culturali. La tendenza dominante e’ quella che esaspera la individualizzazione connessa e sollecitata dai nuovi media. Resto sempre sconcertato quando vado in un ristorante e vedo ad un tavolo adolescenti e ragazzi,ma spesso anche adulti,che invece di parlare tra di loro se ne stanno ciascuno per suo conto a scambiare messaggi con il telefonino. Sono insieme eppure distanti. Ma anche il televisore e’ ormai il centro unificatore delle comunicazioni sia individuali che globali. Anche in casa la comunicazione e lo scambio di informazioni non sono più da persona a persona ma da strumento tecnologico a strumento tecnologico.
In che modo le nuove tecnologie si rapportano,allora, alla fruizione culturale?
Non vorrei sembrare un”passatista”.Le nuove tecnologie applicate ai beni culturali hanno fornito un apporto alla diffusione delle conoscenze e dei saperi incalcolabile. Sono stato sostenitore di strutture come il MAV( il Museo archeologico virtuale di Ercolano) o la promozione della bella mostra “impossibile”delle opere di Leonardo ,Caravaggio e Raffaello nel complesso monumentale di S.Domenico Maggiore. Riproduzioni digitali perfette che danno la possibilità di vedere, tutti insieme, capolavori custoditi nei musei di ogni parte del mondo.
Ma dobbiamo essere coscienti del fatto che in ogni salto tecnologico qualcosa si guadagna e qualcosa si perde. Molto di quello che si sta perdendo riguarda una dimensione fondamentale che deve essere, invece,strenuamente difesa.
Anche per la città e la sua dimensione di comunità il tema e’ cruciale. In particolare in un Paese come l’Italia che e’ il frutto stesso della civiltà urbana e che nelle città possiede un accumulo strabiliante di patrimonio storico e culturale.
C’era un sacerdote che con i suoi ragazzi andava in giro con un secchio di vernice e pennello a scrivere sui muri”spegnete il televisore ed accendete il cervello”.
Abbiamo bisogno di una nuova capacità critica,di una nuova cittadinanza,di una nuova formazione. Dobbiamo educare i giovani a servirsi dei nuovi media in modo attivo e non divenire consumatori passivi ed etero-diretti di bisogni e desideri pianificati da altri per le loro strategie di dominio.
L’impoverimento emozionale e di senso che questo tempo della crisi sta producendo comincia ad essere avvertito. Con i suoi rischi. Basti osservare il diffondersi di fenomeni come il consumo di alcool tra i giovani.
Come reagire di fronte a questa deriva che sembra allontanare sempre di più i giovani dalla cultura?
Direi costruendo una strategia intorno a due idee-forza fondamentali:ignoranza zero e vivere la città .Tutto ha inizio nella scuola:
bisogna ricostruire la dimensione sociale partendo dalla centralità della scuola.
E’lì’ che le persone prendono forma,imparano a costruire la loro personalità ,a scoprire e dare un senso al mondo ed alle loro emozioni. La figura centrale di ciascuno di noi, se ci volgiamo indietro, e’ un professore,un educatore che ci ha consegnato le chiavi per aprirci a noi stessi.
Trovo inconcludente e confuso tutto questo agitarsi e strepitare. Tutto questo trascorrere inutilmente il tempo a chi la spara più grossa,a chi urla di più. Abbiamo bisogno di “pensieri lunghi” se vogliamo costruire un futuro per il mondo. Ciò vale anche per la nostra città. Napoli si salva se si salva l’Italia. Parlare di cultura, allora, vuol dire in primo luogo agire secondo il principio-responsabilità caro ad Hans Jonas.
Quali strategie si possono mettere in campo per risvegliare il fermento culturale in città?
Penso che Napoli abbia un vantaggio ora che la crisi sta mettendo in discussione certezze infondate da cui sono scaturiti gravi errori: penso all’ideologia del cemento e della crescita misurata a metri cubi di edificato. Innovazione e creatività sono più presenti dove più ricco e fertile è il retaggio storico-culturale.
Dobbiamo,allora, articolare una strategia intorno a due progetti: progetto memoria e progetto ricerca. Riutilizzare per questi progetti grandi spazi monumentali che diventino luoghi vissuti ed aperti con idee ed allestimenti di tipo nuovo. Ma anche dare in disponibilità spazi del patrimonio pubblico ad artisti che ne facciano leva di una riqualificazione urbana di parti del territorio, con un pieno coinvolgimento della comunità e dei cittadini.
Che ruolo può giocare il Comune di Napoli nella realizzazione di questi progetti ?
Ho indicato azioni che risultino compatibili con le attuali condizioni finanziarie del Comune. Vedo spesso scattare un vecchio riflesso condizionato: invocare in ogni singolo caso l’intervento pubblico ed in particolare del Comune.
Sarà bene ricordare che il Comune di Napoli e’ un ente pre-dissestato che ha aderito ad un piano di riequilibrio che comporta limiti invalicabili alle spese e pesanti sacrifici per i cittadini con l’aumento di tutte le tasse e le tariffe per servizi che sono, spesso, al limite dell’indecenza.
Diritti primari e bene essenziali vengono garantiti sempre meno e con grande difficoltà.
Per la legislazione che regola i piani di rientro degli enti locali in situazione di pre-dissesto la spesa per la cultura non è considerata spesa necessaria. Dobbiamo, allora, lavorare per nuove sinergie pubblico-privato e sociale-imprese dell’industria culturale per sperimentare nuove forme di collaborazione.
Come è lo stato di salute del marchio “Napoli” in termini di ritorno turistico?
Direi che c’è una riscoperta di Napoli nel mondo: lo dimostra la ripresa turistica davvero incoraggiante.
Il fascino di questa antica metropoli attraversata da tutte le civiltà che si sono affacciate ed incrociate nel Mediterraneo e’ potente ed avvertito di nuovo dopo alcuni anni di dura crisi ed offuscamento dell’immagine.
Qui ciascuna di quelle civiltà ha lasciato tracce e capolavori formidabili ed unici. Ma anche i linguaggi del contemporaneo hanno in Napoli un topos che ha spinto verso orizzonti inesplorati. Se la grande bellezza e’ mangiar radici, Napoli può alimentare di bellezza tutto il mondo. E’ da questa forse scontata valutazione che traggo motivi di fiducia e di speranza. Ma molto dipende dalla generosità con cui ciascuno di noi vorrà spendersi.
Diceva Paolo Borsellino:”Se ciascuno di noi fa qualcosa, tutti insieme facciamo molto”.
Per questo stiamo cercando di porre attenzione a tutte quelle pratiche di cultura diffusa e di riscoperta dell’incontro e del dialogo: insomma, del progettare insieme.
Di qui lo sforzo incessante di costruire sinergie tra tutte le istituzioni culturali della città,in particolare quelle che sono dedicate alla formazione dei giovani,dal Conservatorio di S.Pietro a Maiella,all’Accademia di Belle Arti o alle Università .Oppure verso quei modelli virtuosi che possano costituire un esempio positivo e replicabile. Molto di più vorrei fare con gli scambi e le collaborazioni. Stabilire intese con istituzioni culturali di altri paesi e organizzare ospitalità reciproche di artisti e atelier formativi quando una grande personalità dell’arte e’ presente in città.
Naturalmente per fare queste cose dovremo dotarci di strutture adeguate e competenti.
di Giuseppe Farese
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