Figli naturali e legittimi, cosa dice ora la legge
L’8 gennaio 2014 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 -in attuazione della delega contenuta nell’art. 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219, recante disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali- che integra le modifiche già introdotte al primo libro del codice civile dalla l. n. 219/2012, “al fine di eliminare ogni residua discriminazione rimasta nel nostro ordinamento tra i figli nati nel e fuori dal matrimonio, così garantendo la completa eguaglianza giuridica di essi”. Pertanto, a far data dal 7 febbraio 2014 non ci saranno più “figli legittimi” e “figli naturali”, ma soltanto “figli”. La sensibile evoluzione della disciplina legislativa in tema di filiazione, culminata con la l. n. 219/2012 e il decreto attuativo citato, si è sviluppata soprattutto su impulso degli obblighi internazionali assunti – art. 21 Carta di Nizza sui diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea (versione consolidata), che vietano ogni forma di discriminazione fondata sulla nascita; art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU), che pur non prevedendo disposizioni esplicite in materia di filiazione, protegge la vita privata e familiare, e l’art. 14 CEDU che pone il divieto di qualsiasi discriminazione – che hanno imposto al legislatore nazionale di rimuovere ogni discriminazione a carico dei figli nati fuori del matrimonio e la rivisitazione del rapporto tra genitori e figli. Come auspicato già da tempo, finalmente il legislatore ha ridisegnato il rapporto tra genitori e figli sostituendo alla potestà genitoriale, la nozione di “responsabilità genitoriale” (art. 316 c.c.). Il concetto di potestà, che si sostanzia nell’esercizio di un diritto altrui, ma avendo sempre come finalità la realizzazione dell’altrui interesse, evoca una condizione di soggezione del soggetto in potestate rispetto all’altro (il genitore). Diversamente, la responsabilità designa una situazione giuridica di obbligo che grava su un soggetto in ragione dell’inadempimento di una obbligazione contrattualmente assunta o per qualunque fatto illecito doloso o colposo che abbia recato ad altri un danno ingiusto, e, quindi, designa sia una qualità di un soggetto, sia il processo che si sta svolgendo in forza di tale qualità. Appare allora evidente come lo spostamento dell’ottica interpretativa dalla potestà genitoriale alla responsabilità genitoriale sia volto ad evidenziare che ci si trova di fronte ad un rapporto assolutamente paritario, benché connotato da obblighi prevalentemente a carico dei genitori.
di Gabriella Orsi – Avvocato
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