Ergastolo per l’assassino di Gianluca Cimminiello
E’ una sentenza che ha tanto da dire quella pronunciata nei confronti di Vincenzo Russo, esecutore materiale dell’omicidio che costò la vita al giovane tatuatore di Secondigliano Gianluca Cimminiello, nel 2010. A uccidere Gianluca furono le sue grandi passioni: i tatuaggi, lo sport (la kickboxing), e il Napoli. Cimminiello era un abile tatuatore e un giorno pubblicò su Facebook una foto che lo ritraeva con il calciatore del Napoli Lavezzi che si fece scattare una domenica di fine gennaio davanti all’ingresso degli spogliatoi del San Paolo. Il Pocho era infortunato, non giocava e mentre aspettava i compagni accetta di posare con i tifosi. Quella foto Gianluca la pubblica solo dopo averla modificata, togliendo lo sfondo dello stadio e mettendoci quello del suo studio di tatuatore, lo «Zendark Tattoo», sulla circumvallazione esterna, a Casavatore. Del resto, Lavezzi è il volto ideale, pieno com’è di tatuaggi. Uno dei suoi colleghi- rivali, Vincenzo Donniacuo detto Enzo O’Cuban, andò su tutte le furie e iniziò a insultare in maniera veemente il trentunenne di Secondigliano sul celebre social network. Enzo O’Cuban, poi, durante una seduta di modifica di un tatuaggio avrebbe confidato a Vincenzo Noviello il suo malumore per questo “affronto” e ,questi, essendo il cognato del boss degli Scissionisti di Scampia Cesare Pagano, si presentò con altri tre al negozio di Cimminiello per una “visita” di avvertimento. Solo che i quattro malcapitati uscirono malconci dallo studio del tatuatore perché Gianluca, esperto di arti marziali, non si fece intimidire ma reagì. Un grave oltraggio, uno “sgarro” da punire e definito, poi, con l’uccisione del giovane. Vincenzo Russo, che all’epoca dei fatti aveva ventinove anni, dovrà scontare l’ergastolo per questo. Neanche il tempo di farsi una vita che la camorra lo ha già affidato alle patrie galere. E’ il destino di chi decide di perseguire questa strada. Fu arrestato grazie alle parole di Anna Vezzi, fidanzata di Cimminiello, che assistette alla macabra scena. Onore a lei e quelli che denunciano. E silentemente, piano piano, stanno cadendo uno ad uno, soprattutto grazie ai racconti dei pentiti, i boss stessi: le dichiarazioni di Cesare Pagano e del mandante del delitto di Cimminiello, Arcangelo Abete, stanno portando ad arresti importanti. In tutto ciò resta un alone di sospetto sul tatuatore rivale, il Donniacuo, che nel frattempo si è sempre professato estraneo ai fatti; alla pubblicazione via Facebook del tatuaggio di Lavezzi afferma: “C’era stato un po’ di sfottò così, però Gianluca si era arrabbiato su questa cosa, io gli avevo chiesto se l’aveva tatuato […] Avevo capito che si era arrabbiato della cosa, ho chiesto tipo scusa. Non mi credevo che se la prendeva su questa cosa. Poi è finita lì perché era una cosa di niente, abbiamo chiarito all’istante”. Ciò che sostiene Enzo O’Cuban vacilla avanti a ciò che è emerso nel corso del processo; Gianluca era molto preoccupato da quel diverbio e temeva per l’interessamento di personaggi legati al clan degli Scissionisti.
Oltre i tatuaggi, la grande passione di Gianluca Cimminiello era lo sport, in particolare la kickboxing, disciplina che amava e praticava; per questo l’iniziativa di Libera- Arenella, per ricordare questa assurda morte, è intitolata “DATTI UNA MOSSA- Cagna capa nun cagnà città” proprio per sensibilizzare i giovani candidati sul tema del riscatto della città. Il presidio di Libera Vomero- Arenella ha dunque deciso di istituire due borse sportive, a due giovani di età compresa tra i tredici e venti anni, attraverso la Terza edizione del Premio Gianluca Cimminiello- “Per non restare all’angolo”, i quali potranno avvicinarsi allo sport prediletto da Gianluca “attraverso la luce dei suoi bellissimi occhi azzurri” – come ci dice la sorella, Susy. L’ abbiamo contattata al telefono e ci ha lasciato alcune riflessioni in merito.
Ciao Susy, l’iniziativa di Libera Vomero- Arenella è dedicata alla figura di tuo fratello. In cosa consiste?
“Questa è solo la terza edizione del premio Gianluca Cimminiello, il premio che porta il nome di mio fratello. E’ un riconoscimento che per me ha un significato molto forte. Gli ideali della kickboxing sono quelli che mio fratello mi ha sempre insegnato: coraggio, lealtà e rispetto. I due ragazzi che comporranno la migliore opera artistica (video, disegno, poesia, tema o altro) avranno la possibilità di imbattersi in queste virtù che mio fratello sosteneva ardentemente. Anche se la sentenza fosse stata contraria avremmo portato avanti il progetto. Il ricordo di Gianluca non può fermarsi”.
A proposito del processo, ci sono voluti sei lunghi anni per arrivare alla verità.
“Si, è stata lunga ed è stata dura, anche perché la morte di Gianluca è una di quelle passate in sordina, che non faceva “audience”. Fortunatamente molte persone ci hanno mostrato il loro affetto, Libera Vomero-Arenella ha voluto intitolare il loro presidio a Gianluca e Petru, un’ altra vittima della Camorra; ma anche le istituzioni, soprattutto devo dire grazie al sindaco De Magistriis che contattai tramite mail perché era subentrato all’ex sindaco. Ci è stato molto vicino, molto più di quanto si possa pensare. Ma anche Gianfranco Gallo che ha dedicaton a mio fratello, per due volte, il suo spettacolo Quartieri Spagnoli e ha voluto lui conoscere me. Non me lo sarei mai aspettata”.
La sentenza è chiara: ergastolo per il killer di tuo fratello. Come vi sentite ?
“Umanamente non siamo appagati chiaramente. Ma la giustizia ci dà forza e speranza. Russo è solo uno, è colui che ha sparato. Mio fratello sparava inchiostro e lui sparava piombini. Adesso aspettiamo le sentenze per gli altri: i mandanti, i boss, gli organizzatori, coloro che ripetono troppo spesso “non ricordo” durante gli interrogatori”.
Cosa è la camorra per Susy Cimminiello?
“Tanta tristezza e solitudine. Sono persone che non sapranno mai cosa sia una vita. Scelgono di fare una vita che non è vita. Io, dalla morte di mio fratello, ho capito che dovevo impegnarmi molto di più da cittadina. Loro, invece, dalla morte di un loro fratello pensano a uccidersi fra di loro e basta”.
Francesco Li Volti
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