Editoriale: Aiuto, siamo a Vomorra!
di Alessandro Migliaccio
Prima la sparatoria notturna , poi la bomba piazzata davanti ad una banca ed infine le “solite” rapine ai danni di passanti e negozianti. All’improvviso le istituzioni locali si accorgono che il Vomero è finito nella morsa della criminalità e adesso sono tutti preoccupati per l’escalation di episodi gravi accaduti nelle ultime settimane nel quartiere collinare. Eppure c’è chi, da queste parti, ha tenuto sempre alta l’attenzione sulla presenza di affari riconducibili alla malavita organizzata napoletana, quali racket e riciclaggio di denaro sporco attraverso le cosiddette “lavanderie” costituite da attività commerciali che aprono i battenti al Vomero investendo tanti quattrini nonostante la crisi economica prima di chiudere dopo poco tempo. In primis, a tenere alta la concentrazione su questi fenomeni ci sono le forze dell’ordine, che non hanno mai abbassato la guardia. Poi, ci siamo noi con il nostro mensile “Vomero Magazine” attraverso le cui pagine, nel corso degli ultimi due anni, abbiamo lanciato più volte l’allarme criminalità, in un caso sfoggiando un titolo in prima pagina ripreso poi dai quotidiani locali, “Vomorra”, nato dalla fusione della parola “Vomero” e del celebre titolo del libro di Roberto Saviano, “Gomorra”. Un titolo che oggi riproponiamo in prima pagina per far capire a quanti non l’avessero ancora inteso che non permetteremo a nessuno di assaltare il quartiere, imporre affari sporchi e racket vari. Senza dimenticare, inoltre, il lavoro delle associazioni presenti sul territorio e di quanti, residenti o commercianti, si ribellano tutti i giorni alla presenza della criminalità. Sia a quella che compie piccoli episodi degni di denuncia penale, sia quella che compie fatti ben più gravi. Come gli spari notturni in via Menzinger ed in via Recco. Come la bomba posizionata davanti ad una banca in via Mascagni. A proposito di questi fatti, però, non posso non ribadire il paradosso delle telecamere della videosorveglianza installate a Napoli e che funzionano solo in parte. Cifre alla mano, la città partenopea dovrebbe essere una città blindata. Settecento telecamere installate per la sicurezza del cittadino. Di queste, le ultime 414 sono state ottenute grazie a un finanziamento di 8 milioni e 800 mila euro. Così come, precedentemente, ne erano state installate 76 nell’ambito di un progetto da 1 milione di euro per la sicurezza in città. Numeri importanti. Eppure non si sa quali di queste telecamere funzionino e quali no. In alcuni quartieri cittadini, per esempio a Poggioreale, c’è chi da tempo sostiene che sono stati gli stessi clan malavitosi, negli anni, a mettere ko le poche telecamere installate e ad imporre la “non presenza” di occhi elettronici. Il simbolo del malfunzionamento delle telecamere di videosorveglianza pubbliche di Napoli è rappresentato da un lungo cavo spezzato che pende su via Caracciolo, relativo alla telecamera che fu posizionata all’altezza di piazza Vittoria. Come questa, anche gli altri tre occhi elettronici presenti nel primo tratto del lungomare non funzionano. In molte zone della città, poi, le telecamere previste dalla “mappatura della videosorveglianza” del Comune di Napoli, non sono mai state installate. Eppure erano state comprate. Un paradosso. Un’assurdità. Al Vomero sono presenti trenta telecamere ma la stessa V Municipalità, che governa il territorio collinare, non sa quali siano attive e quali invece no. E non è un caso, infatti, che gli spari notturni avvenuti a novembre in via Menzinger ed in via Recco non siano stati registrati dalle telecamere presenti in zona. A complicare le cose in termini di gestione della videosorveglianza a Napoli si sono messe le ditte che hanno vinto le gare per l’installazione e che sono fallite. Dunque molte delle settecento telecamere pubbliche non funzionano perché non c’è la manutenzione da parte delle ditte aggiudicatarie. Il Comune avrebbe dovuto affidare questo compito alla Napolipark ma non l’ha mai fatto. E così, al momento, funzionano solo gli occhi elettronici collegati alle centrali operative di polizia e carabinieri, che sono “solo” trecento. Ricordo che era il 2003 quando, con una mia inchiesta televisiva andata in onda su Italia Uno nel corso della trasmissione “Le Iene”, denunciai lo scandalo delle telecamere della videosorveglianza di Napoli che non funzionavano nonostante i soldi spesi e gli annunci fatti sui giornali. Sono passati undici anni e la situazione non è cambiata. Ai rappresentanti delle istituzioni che ora si dicono “preoccupati” per il Vomero, dico che bisogna essere preoccupati anche di questo cattivo funzionamento delle istituzioni, incapaci di installare e far funzionare le telecamere della videosorveglianza, e non solo degli episodi criminali che si verificano.
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