Dall’epidemia del colera alla nascita del nuovo rione Vomero
Pochi sanno che la nascita del Nuovo Rione Vomero è avvenuta a seguito di una forte epidemia di colera che colpì la città di Napoli, provocando in poche settimane migliaia di morti. Dalla peste del terzo secolo dopo Cristo, alle stragi del vaiolo nel Settecento, alle ondate di colera nel 1800, fino alle pandemie del terzo millennio, l’uomo da sempre ha dovuto combattere contro gli agenti patogeni che attaccano il nostro sistema immunitario. Il COVID-19 è l’ultimo di questa lunga serie di pandemie che scatenano trasformazioni strutturali e cambiamenti sociali ed economici. Nel 1884, l’assenza di un sistema fognario adeguato, la cattiva qualità dell’acque e la scarsa igiene, anche per l’affollamento e l’aberrazione abitativa dei “bassi”, furono la causa di una violenta infezione colerica. Eduardo Scarpetta così ci tramanda: “Tutta la città era schiacciata dal terrore del colera invadente; nei fondachi luridi e oscuri di Porto, del Pendino e del mercato, nei vicoletti tortuosi della bassa Napoli, simili budelli ricolmi di lordure, l’epidemia faceva strage spaventosa”. Anche Salvatore Di Giacomo, nel descrivere” ‘O Funneco verde abbascio Puorto”, definisce il fondaco una “scarrafunera”, ossia un vicolo cieco, sporco, sovraffollato, costellato da squallide abitazioni, brulicante di uomini. Per porre fine all’epidemia fu emanata la legge “per il Risanamento della città di Napoli”. Il sindaco Nicola Amore, con l’appoggio del Re Umberto I e del Primo Ministro Depretis, diede il via allo “sventramento” della città antica, con l’abbattimento dei quartieri degradati e la costruzione di nuovi.
Nell’ambito della suddetta legge rientrava anche la fondazione del Nuovo Rione Vomero, un quartiere residenziale destinato alle classi alto-borghesi, il cui tracciato viario doveva rispondere ai dettami urbanistici di Parigi. La posa della prima pietra da parte dei sovrani avvenne l’11 maggio del 1885 e il 20 ottobre del 1889 il Nuovo Rione Vomero venne inaugurato con l’apertura della Funicolare di Chiaia. Le prime costruzioni furono i quattro palazzi di Piazza Vanvitelli, cui seguirono quelli di Via Scarlatti e di Via Morghen in stile neorinascimentale. Sorsero, attorno alla Villa Floridiana e verso l’area di San Martino, un gran numero di splendide ville e di palazzine in stile tardo Liberty con graziosi giardini. L’edilizia di villini in stile liberty proseguì, fin dopo il primo conflitto mondiale, nelle zone di via Aniello Falcone e di via Palizzi. Negli anni ’20 il territorio si arricchì anche di prestigiose scuole, quali la Vanvitelli e il liceo Sannazaro, ma anche del Campo sportivo del littorio, oggi Collana. Nel 1928 l’apertura della funicolare di piazza Fuga facilitò gli spostamenti tra Vomero e centro di Napoli, portando un incremento significativo dell’urbanizzazione. Con l’inaugurazione nel 1933 del teatro Diana da parte del principe Umberto, il luogo richiamò artisti e pittori, ma anche professionisti e imprenditori, insomma persone agiate, che diedero al nuovo quartiere un carattere distintivo. Fino alla metà del 1900, il Vomero era nell’immaginario collettivo una realtà unica e irripetibile, con cinema, teatri, negozi, ristoranti, caffè e cliniche efficientissime da essere promosso come luogo ideale di villeggiatura. Una sorta paradiso che, purtroppo, andò gradualmente a scomparire a partire dagli anni ‘60 del ‘900, quando i versanti della collina del Vomero furono oggetto di una speculazione edilizia senza precedenti, che giunse nel 1970 a determinare la copertura quasi totale dei suoli edificabili, compromettendone il paesaggio e l’antico profilo di luogo residenziale e di villeggiatura. Le antiche ville scenografiche, con terrazzamenti e giardini aperte sul mare, con casali e masserie, che dal ‘600 in poi punteggiavano la collina, furono tutte assorbite, sovrastate e deteriorate dalla forte densità edilizia e dal fitto reticolo viario.
Ersilia Di Palo
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