COMMERCIO, TURISMO, RISTORAZIONE, CULTURA IN GINOCCHIO.
Il Covid19 abbatte anche l’economia
Tutti i comparti chiedono maggiore sostegno istituzionale.
Il difficile equilibrio fra emergenza sanitaria ed emergenza economica è uno dei principali problemi della pubblica amministrazione. Un dilemma che nei mesi di febbraio e marzo non ha avuto alternative nella scelta: bisognava frenare la pandemia. Oggi, invece, emergono in maniera molto più dirompente di un blocco dell’economia e si evidenziano i gravi limiti amministrativi, a tutti i livelli, in Italia, che mettono in pericolo non solo la salute della popolazione, ma anche la tenuta economica e sociale del Paese. Gli annunci di un possibile lockdown totale del governatore De Luca, con particolare riferimento alla città di Napoli, insieme agli ultimi DPCM del Governo, hanno fatto emergere difficoltà che hanno travolto molteplici settori che si sono riversati in strada. La prima protesta a Napoli ha avuto risvolti violenti con il concreto timore di infiltrazioni malavitose. Poi protagonista è stato il Vomero per una manifestazione più pacata, che ha messo in mostra le difficoltà non di un singolo comparto, ma dell’intera economia cittadina. I tassisti, hanno occupato Piazza Plebiscito chiedendo di poter lavorare in sicurezza. Il turismo è fermo. Da Federalberghi fanno sapere che il calo di occupazione negli ultimi mesi ha raggiunti livelli critici. È in pericolo la sopravvivenza di numerose strutture alberghiere. Alcuni hanno chiuso, altri lavorano con pochissime camere. Danni per oltre 100 mln di euro, con cali di occupazione che hanno raggiunto anche il 70% durante la fase di riapertura, ma che tenderanno a tornare vicine allo 0 come nei mesi di febbraio e marzo. “La chiusura va bene solo se inevitabile – dichiara il presidente di Federalbeghi Napoli, Antonio Izzo –, è necessario programmare già per una ripresa, capire le tempistiche e avere un sostegno da parte delle istituzioni con ammortizzatori sociali e sgravi fiscali”. In crisi anche il settore congressuale.
Stazione Marittima, Città della Scienza o Mostra d’Oltremare non hanno eventi. Il mondo Congressuale crea un enorme indotto coinvolgendo società di catering, ristorazione, trasporti, allestitori etc. È un comparto fermo che è stato trascurato dai provvedimenti governativi. Annunciati interventi solo dopo una protesta organizzata fuori palazzo Montecitorio da tutte le sigle a partire da Federcongressi, Site o MPI, per arrivare al Convention Bureau Napoli che, attraverso la direttrice Giovanna Lucherini, ha esposto le problematiche del settore nel nostro territorio che nel secondo trimestre 2020 ha perso il 94% di eventi. La crisi del turismo coinvolge anche il mondo della cultura. I Musei rimangono aperti, ma fanno sforzi incredibili per proporre mostre accattivanti che, però, vedono ridotti al lumicino i biglietti staccati. Chiusi invece teatri e cinema.
Il Diana, dopo pochi giorni dall’annuncio del cartellone 2020-21, ha richiuso i battenti lanciando un messaggio inequivocabile: “La stagione teatrale nel suo tradizionale svolgimento, compatibilmente con l’emergenza sanitaria, riprenderà a fine emergenza (gennaio 2021)”. Niente pubblico per gli eventi sportivi, bloccati in gran parte quelli amatoriali, chiuse palestre e piscine. Si ritornerà a correre per strada, se possibile.
Capitolo a parte riguarda la ristorazione ed i pubblici servizi in genere. Boccheggianti, cercano di sopravvivere con quel poco che gli ultimi provvedimenti hanno concesso: servizi di asporto, anche se con limiti orari, e aperture a pranzo, ma con posti contingentati e nel rispetto delle normative di sicurezza. Non è sufficiente. Il presidente della FIPE-Confcommercio provinciale (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), Massimo Di Porzio parla di un “lockdown di fatto”: “Sono necessari interventi di sostegno alle aziende. I pubblici esercizi sono allo stremo delle forze. Le istituzioni devono dialogare prima di prendere decisioni affrettate”.
In ginocchio il commercio al dettaglio a causa del calo dei consumi e della paura che spinge la gente a non spendere denaro se non per beni essenziali. Centri estetici chiusi, barbieri e parrucchieri alla finestra. In casa si torna ad approvvigionarsi di strumenti fai da te: dai tagliacapelli elettrici alle scorte di lievito, dalle tute ai disinfettanti. Di nuovo presi di assalto i supermercati. Ma la tenuta sociale è veramente al limite. Il prolungamento della cassa integrazione e di altri ammortizzatori sociali, affiancati al sostegno istituzionale con finanziamenti a fondo perduto o sgravi fiscali sono solo alcune delle richieste che accomunano quasi tutte le categorie. Ma è necessaria una programmazione, altrimenti si tratterà di aiuti solo temporanei, e spesso insufficienti, che non permetteranno alle aziende di ripartire, quando, si spera ce ne sarà la possibilità. Natale è vicino ed è il primo appuntamento per ripartire, se la pandemia lo permetterà.
Cristiano De Biase
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