Castel Sant’Elmo: Forte Centro di Educazione Permanente
Competenza è sinonimo di progettualità realizzativa: è volitiva gestione del presente, per esserci nel tempo della continuità. Proprio quel sapere con sapore, pregnante nel senso del verbo sapio, consente il dialogo aperto tra interlocutori che sinceramente hanno a cuore cultura civica e tutela dei Luoghi della Storia scolpita nelle pietre che sono Città e civiltà. Nell’incontro con la dottoressa Anna Maria Romano, responsabile del Museo Napoli Novecento, che ha sede in Castel Sant’Elmo, è stata illuminante la sintonia sul modo d’identificare un monumento architettonico nelle tensioni abitative, che ne determinarono la localizzazione, per sfidare l’eternità sul piano della crescita nel tempo. Impegni istituzionali avrebbero fatto concentrare le ragioni dell’incontro su poche e mirate domande, meritevoli di adeguate risposte: possibilità d’ampliamento, a breve o a lunga scadenza, delle scelte degli artisti rappresentativi del Museo, nuovi programmi in via di attuazione, notizie sulla VII Edizione del Concorso “Un’ Opera Per Il Castello”. L’amor patrio ha acceso invece gli entusiasmi: patrius, come aggettivo, significa ereditato dai padri, tradizione libera dalle scorie, intesa come essere nel divenire, spiritualità, aria che si respira. Il Castello è tornato ad essere per qualche istante torre d’osservazione normanna, elevata sulla viva roccia di tufo giallo; è stato motivo di rievocazione di fasti angioini e aragonesi, ci ha fatto ricordare Giovanna D’Angiò, la vocazione cattolica di Napoli, Don Pedro Louis Escrivà, eccelso architetto militare. Con il giusto interlocutore la coscienza scientifica trova il gusto di chiarire pariteticamente le vocazioni dei luoghi della modificazione: la cultura, che è spazio che comunica, deve necessariamente augurarsi che il concetto di libertà risponda ai requisiti della sicurezza, dell’ordine, della libertà nelle regole sociali. Per i Beni collettivi va coinvolta la vita civica: ognuno si deve sentire proprietario di un monumento di cui è affidatario in transito e che dovrà trasferire intatto e arricchito alle generazioni che verranno. Con la dottoressa Romano abbiamo toccato anche il tema dell’uguaglianza nel grado di reciproco rispetto e di possibilità di elevazione. Tra due appassionati di Storia civica e di Beni che appartengono alla civiltà globale degli uomini umani, ci siamo, quindi, scambiati dei pareri nei quali il Castello, perfetta Macchina di guerre guerreggiate, si è configurato nel nostro tempo dell’incertezza, e del mondo complesso e impredicibile, come ineludibile, possente baluardo praticabile da attivare contro l’ignoranza, la superstizione, l’inciviltà che ama tradire la verità della Storia e disprezza i Maestri di valori umani. Non sono mancati gli elogi ad Angela Tecce e a Nicola Spinosa, che vollero il Museo delle arti visive del ‘900 a Napoli. Quell’ eredità suscita orgoglio, ma diventa pesante quando si fa strenua la lotta per il ripristino delle strutture e la loro conservazione. Chi deve fare i conti con la realtà economica avverte qualche disagio. Per quanto concerne il dovuto rispetto che merita Castel Sant’Elmo nelle sue strutture accoglienti, è chiaro che il riscatto dalla condizione di area di parcheggio è stata una nobile conquista, certamente però minore, non comparabile a quella dell’accoglienza e dell’entusiastica partecipazione delle leve giovani e giovanissime, desiderose di apprendere e sempre avide di luoghi di comunicazione e d’esperienze formative. Negli occhi e nel sorriso della Direttrice ci sono sentieri aperti lungo i quali muoversi verso il possibile: amplificazione degli spazi museali, verifiche del fare insieme, per cui sono già in atto significativi accordi con L’Accademia di Belle Arti, produzione di nuove idee per affrontare argomenti umani nel dibattito attuale delle arti. Il Museo deve comunicare, promuovere ed esercitare attività educative, essere sostenuto dalla cittadinanza nella cura del Castello e dei vivai di sapere che meritano di fiorirvi. Che altro dire? Colgo solo l’opportunità di rinnovare il più bello degli auguri che traggo dall’Ecclesiaste: “florete flores, frondete in gratiam et date odorem”.
Angelo Calabrese
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