Aniello Falcone, spirito irrequieto
La strada che dal Vomero scende verso il mare è motivo di incanto sia per i napoletani che per i turisti che la percorrono. Da un lato si ammirano Capri e Mergellina e dall’altro alcune delle più belle vie di Napoli.
Ed è a un grande artista del ‘600 napoletano, Aniello Falcone, che è dedicata questa affascinante strada. Per Falcone, la doppia fortuna di nascere in una famiglia di artisti e di aver avuto Ribera come insegnante, ha contribuito alla sua precoce affermazione come pittore.
Il primo periodo del suo percorso artistico è legato a quadri di battaglie che si possono ammirare nel museo di Capodimonte come la famosa “Battaglia tra Ebrei e Amaleciti”. La produzione di Falcone è presente inoltre al Louvre e al Prado.
Oggetto di grande dibattito –da parte della più autorevole critica internazionale– è stata l’autenticità delle opere del pittore per il fatto che egli non era solito firmarle.
È un privilegio, per il Duomo di Napoli, possedere l’unica tela autografa del maestro, “Riposo nella fuga in Egitto”, del 1641. L’ opera si caratterizza soprattutto per la sua capacità di imporsi con un classicismo tutto personale. Di forte impatto il dipinto “I gladiatori”. Secondo lo storico dell’arte Saxl: «la perfetta conoscenza che Falcone mostra dell’anatomia umana deriva, oltre che dalle sedute da Accademia, anche da uno studio su Leonardo». Nel museo del Prado troviamo “La cacciata dei mercanti dal tempio” che presenta non solo personaggi ma anche inserti di natura morta quali libri e vasellame. Sempre conservato al Prado è “il Concerto” quadro di grande intensità. Anche in questo caso l’autenticità dell’opera è stata molto controversa malgrado alcuni particolari tipici di Falcone come l’alternanza delle figure in luce e in ombra e l’uomo anziano raffigurato che inforca gli occhiali, presente molto spesso nei dipinti dell’artista, quasi una sua firma. Falcone muore di peste a Napoli nel 1665.
Camilla Mazzella
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