Alla riscoperta del Vomero con Don Antonio del Vecchio
Giugno. Forse il momento migliore per visitare Napoli: il freddo non è che un ricordo e il gran caldo è ancora lontano; aggiungiamo le tante iniziative legate al nostro ricchissimo patrimonio artistico, e il gioco è fatto. Certo, talvolta si tende a pensare che le bellezze della città siano appannaggio esclusivo del centro storico, ma non bisogna dimenticare che anche l’area collinare nasconde dei piccoli tesori. Abbiamo incontrato Don Antonio del Vecchio, Parroco della Chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella e vecchia conoscenza di Vomero Magazine, per qualche dritta su percorsi meno battuti nell’ambito del nostro territorio.
Padre, da dove partiamo?
“Un buon punto di partenza può essere la chiesa di Santa Maria della Libera, la cui posizione ci dice molte cose su quella che doveva essere la morfologia del quartiere, non è un caso se ci riferiamo alla zona di via Belvedere come “Vomero Vecchio”. Benché la sua costruzione risalga al XVI secolo, è divenuta parrocchia solo nel 1932; fino a tale data infatti, l’unica parrocchia in zona era Santa Maria del Soccorso all’Arenella. La chiesa di Santa Maria della Libera fu costruita per volere di Annibale Cesareo, ed è stata anche dimora per i frati domenicani; tuttavia poiché questi ultimi si rifiutarono di erigergli un monumento funebre, il nobiluomo sospese i finanziamenti, dirottandoli sull’attuale Basilica di Santa Maria della Pazienza, detta, appunto, Cesarea”.
La tappa successiva?
“Procediamo lungo via Belvedere ed arriviamo in quello che già nell’epoca paleocristiana era noto come villaggio di Antignano, un luogo molto importante per il culto di San Gennaro. Da lì facciamo un salto in quella che è la chiesa più antica della zona”.
Cioè?
“La Piccola Pompei, le cui prime citazioni risalgono al 1100. Naturalmente ha subito vari rimaneggiamenti, e oggi appare molto diversa da come era un tempo, tuttavia è molto interessante poiché conserva dei reperti della cappella di San Gennaro, che, abbattuta nel 1897 in vista della nuova sistemazione del nascente Vomero, era situata poco distante da lì”.
Dove ora sorge la Basilica?
“Precisamente. Si tratta di un luogo di grande interesse storico, lungo l’Infrascata, la strada che consentiva di raggiungere Antignano. Degna di menzione è la piccola testa di San Gennaro in marmo: un’opera cinquecentesca che ricorda la prima liquefazione del sangue”.
Finora ci siamo soffermati sugli edifici religiosi, ma se volessimo parlare delle ville?
“Dovremmo spostarci a via Giacinto Gigante, all’altezza dell’incrocio con via Carlo Cattaneo, ove sorgono Villa Zezon e Villa Gigante. Alle spalle di quest’ultima sorge la cappella omonima, ormai vuota poiché depredata di tutti i suoi arredi, compresa una piccola tela della Divina Pastora. Le due ville erano una volta unite, dato che la strada non esisteva, e una testimonianza di ciò è data dal sentiero, ancora oggi visibile, che proprio da Villa Zezon arriva nei dintorni di piazza De Leva”.
Siamo quasi in piazza Canneto: una zona a lei particolarmente cara. Oltre alla parrocchia di Santa Maria del Buon Consiglio a Confalone, cosa ci segnala?
“Sicuramente Villa delle Querce. Benché si tratti di una clinica privata val la pena ricordare un affresco raffigurante San Pietro all’interno della cappella, adesso adibita a camera mortuaria, e le statue dei grifoni nel parco, che rimandano allo stemma dell’antica famiglia nobiliare, ancora visibile all’ingresso”.
Un’ultima dritta prima di concludere?
“Benché tecnicamente non sia più Vomero o Arenella, consiglio di dare uno sguardo al crocefisso con San Giovanni e Maria Addolorata in cartapesta nella parte bassa di via Confalone: è molto bello, ma capita che, passando di fretta, non vi si presti attenzione”.
Le parole di Don Antonio ci ricordano che spesso non riusciamo ad accorgerci della bellezza che ci circonda: in questo senso, la rivalutazione turistica del nostro territorio passa necessariamente attraverso una maggiore consapevolezza di ciò che esso ha da offrire.
GABRIELE BASILE
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