‘A RISA
di Mimmo Piscopo pittore
Il vecchio detto “ il riso fa buon sangue” trova riscontro nella fisiognomica umana che, per la produzione di endorfine ed alla benefica mobilità dell’apparato muscolare, i psicologi consigliano con la risata, dove in termini di terapia, aiuta determinate patologie.
Tale tesi, scientificamente acclarata, sin dall’antica Grecia, è stata praticata nell’accogliere il “buffone”.
Hanno poi spopolato le “macchiette” comici esecutori di esilaranti produzioni, per sollecitare il riso dove, peraltro, ha attirato l’attenzione del filosofo Henri Bergson che scrisse il trattato “Le rire”.
Colui che ha personificato tale ruolo, dalle produzioni musicali, spesso dall’allusivo doppio senso, a fine ‘800, nei café chantant, insieme a celebri “sciantose”, è stato il napoletano Berardo Cantalamessa che spopolò con Gennaro Pasquariello e Nicola Maldacea.
Cantalamessa, nato alla Vicaria il 26 settembre 1858, sin dal 1885 ha dominato la scena, dal ridicolo vestiario e la canzone comica “’A risa”, dalla trasposizione inglese di una pochade dell’’800.
Tre strofe di dodici versi al cui ritornello segue una esilarante, interminabile risata, coinvolgendo contagiosamente gli spettatori : “Me pare che redenno/ogni turmiento passa/ Nce se recrea e spassa/ Cchiù allegro se po’ stà”.
Diversi interpreti raccolsero questo filone anche dal nostro Totò, da quando Cantalamessa si spense a Buenos Aires il 17 marzo 1917.
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