IL RECUPERO DI SOMME DA PARTE DELL’ I.N.P.S.
spesso e volentieri l’Inps bussa alle porte dei pensionati. Motivo? L’ente gestito da Boeri chiede la restituzione di rate di pensione e/o somme erogate che, solo in un secondo momento e per vari motivi, risultano non dovute. Nella maggior parte dei casi, le pretese dell’Istituto previdenziale si fondano su motivi reddituali. Così, a distanza di molti anni e successivamente all’erogazione delle somme, può verificarsi che l’Inps si accorga che la prestazione erogata non era dovuta, chiedendo pertanto, la ripetizione di quanto corrisposto. Consultando la norma in vigore in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, diversamente da quanto sancito ex art. 2033 c.c., la ripetizione dell’indebito è ammessa nei soli casi di non addebitabilità al percepiente dell’erogazione non dovuta.
E’ necessario ed importante, a tal proposito distinguere i pagamenti di indebiti effettuati fino al 31/12/2000 da quelli avvenuti dopo la suddetta data.
Per quanto riguarda i primi, bisogna fare riferimento, alla legge n. 448 del 2001, che all’art. 38, comma 7, prevede la sanatoria “nei confronti dei soggetti che hanno percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o trattamenti di famiglia, a carico dell’Inps, per periodi anteriori al 1° gennaio 2001, qualora i soggetti medesimi siano titolari di un reddito personale imponibile ai fini dell’IRPEF per l’anno 2000 di importo pari o inferiore a 8.263,31 euro”; e, al comma 10, la non ripetibilità degli indebiti erogati nei confronti degli eredi del pensionato, anche in presenza di dolo del pensionato medesimo.
Per quanto concerne invece i pagamenti indebiti di prestazioni pensionistiche effettuati dall’Inps dopo il 31/12/2000, trova applicazione la legge n. 412 del 1991 che all’art. 13 comma 2, stabilisce che “l’Inps procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza”.
Pertanto, ai fini della recuperabilità delle somme indebitamente erogate su prestazioni collegate al reddito, se in conseguenza della verifica annuale della situazione reddituale viene accertato un indebito pensionistico, l’Istituto deve notificare entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello nel quale è stata resa la dichiarazione reddituale l’indebita erogazione delle somme non spettanti nei periodi ai quali si riferisce la dichiarazione reddituale e nei periodi successivi. Qualora invece la notifica dell’indebito non fosse effettuata nel termine di cui sopra, le somme erogate indebitamente non sono ripetibili pertanto non devono essere restituite.
La normativa attuale prevede che l’Inps paghi le prestazioni per l’anno in corso e l’anno seguente provveda a richiedere i dati reddituali, sulla base di tali dati comunicati, l’Inps procede ad un conguaglio. Capita, però, che l’Inps, dopo tale comunicazione, provveda a chiedere somme indietro. Dunque, per evitare che tali richieste di restituzione pervengano dopo un numero di anni spropositati, l’art. 13 della legge 412 del 1991 ha previsto che l’Inps, salvo la mala fede del percipiente, ha un anno di tempo dalla comunicazione dei dati reddituali per poter richiedere indietro le somme indebitamente percepite.
Ma non finisce qui. C’è di più: il secondo comma dello stesso articolo prevede che la sanatoria ivi prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale e definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all’interessato e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. Soltanto l’omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’ente competente, consente all’Inps, la ripetibilità delle somme indebitamente percepite.
Dunque, la norma esaminata, subordina l’irripetibilità a due condizioni essenziali: che il pagamento sia avvenuto sulla base di un provvedimento definitivo e la mancanza di dolo dell’interessato.
Infine, un altro punto importante da tenere in considerazione in presenza di una richiesta di indebito Inps, riguarda l’onere della prova nei giudizi di opposizione agli indebiti. Infatti, fino al 2008 la giurisprudenza era concorde nel ritenere che nei giudizi di opposizione dovesse essere l’Inps a provare i fatti costitutivi della propria pretesa. Nel 2010, invece, la Cassazione a sezioni unite ha stabilito che non deve essere più l’Inps a provare i fatti costitutivi, bensì il cittadino. Tuttavia, vi è un importante pronuncia della Cassazione, la n. 198 del 2011, in cui si è ritenuto che sebbene sia il cittadino a dover provare la legittimità delle somme che ha percepito, l’Inps deve porlo in condizione di potersi difendere. Ne deriva che sono illegittime tutte quelle richieste avanzate dall’Istituto che mancano di dati contabili o in ogni caso di qualsiasi riferimento per poter valutare la fondatezza della richiesta. Insomma, se l’Inps bussa alla porta, occorre stare attenti.
ADRIANA LAURI – AVVOCATO
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