L’album d’esordio di Deborah Carputo
“Mi stai ascoltando” è il disco d’esordio della giovane cantautrice Deborah Carputo presentato alla libreria “Io Ci Sto” del Vomero. L’album, interamente autoprodotto, è composto da otto brani in italiano di cui cinque firmati da Deborah Carputo e tre scritti da Rosaria Casalini, musicati e arrangiati da Marco Sorrentino. “Mi stai ascoltando” è un disco con sonorità rock che ben si inserisce nel filone delle sonorità pop contemporanee. La voce graffiante di Deborah Carputo racconta storie che possono essere le storie dei ragazzi della sua generazione in cui la comunicazione è sempre filtrata dal mezzo tecnologico e quindi spesso falsata. Già dal titolo “Mi stai ascoltando”, l’artista ha bisogno di certezze, della sicurezza che il suo messaggio non passi inosservato e quindi con forza impone la necessità dell’ascolto. Ascoltare le sue parole, ascoltare gli stati d’animo attraverso il potente mezzo del rock, stile che meglio si adatta alla sua voce graffiante e piena di grinta, permette di superare quelle barriere che spesso si innalzano tra due o più persone e falsano o addirittura impediscono la comunicazione. Deborah Carputo nei suoi testi parla soprattutto di grandi sentimenti e di amore, senza distinzione e senza discriminazioni, come il messaggio forte lanciato nel singolo “Scivola via” che tratta del tema dell’omofobia e beneficia anche di un videoclip dai toni forti che non lascia nulla di inespresso anzi denuncia al tempo stesso accende le luci su un tema di grande attualita’. Noi di Vomero Magazine abbiamo incontrato la giovane artista che ha scelto il Vomero ed in particolare la libreria Io Ci Sto per presentare il suo primo lavoro discografico.
Sei giovanissima ma non ti è mancata l’audacia di affrontare un genere così importante come il rock; da dove nasce questa volontà?
“Nasce dalla voglia, soprattutto quando si è giovani, … come dire… di spaccare tutto! Il rock é un qualcosa di troppo forte per me, mi emoziona davvero tanto e mi carica in una maniera inspiegabile. Credo che non ci sia cosa più bella che sentire un’energia così esplosiva. Il rock è capace di accapponarmi la pelle, sa caricarmi, sa farmi venire i brividi. Grazie al rock quando sono su un palco e canto, riesco a liberarmi ed essere me stessa. Ecco, secondo me il rock è libertà, questa è la parola giusta”.
Scivola via è un brano in cui si parla di omofobia. Cosa ti ha spinto a cantare un tema così forte?
“Purtroppo la società odierna, non permette ai giovani d’oggi di inseguire i propri sogni e di conseguenza nemmeno di essere se stessi. Ho deciso di cantare questo brano, perché grazie alla musica, che è il mio mezzo di comunicazione, ho la possibilità mandare un messaggio a tutti i giovani d’oggi che soffrono nel sentirsi diversi e quindi non accettati a fregarsene del giudizio degli altri, riuscendo a scappare via dalle persone che sono violente, additando colpe che non sono reali. Troppo spesso si ascoltano notizie di giovani che sono stati vittime di violenze verbali o fisiche e a volte ci sono stati casi di suicidio causati da ciò. E credo che questo sia davvero troppo ingiusto da accettare. Nessuno ha il diritto di decidere o giudicare la vita di un altra persona”.
Cosa ne pensi dei Talent Show?
“Credo che siano un grandissimo trampolino per i giovani artisti emergenti. Ma allo stesso tempo possono essere un’arma a doppio taglio, perché che nella vita bisogna avere tanta fortuna, ma allo stesso tempo bisogna studiare tanto e sempre. Non credo nei fuochi di paglia, credo nella costruzione lenta delle cose”.
Credi molto nel tuo progetto; cosa ti aspetti dal pubblico?
“Ci credo moltissimo, infatti mi ci sono catapultata con tutta me stessa. In questo disco sono racchiusi tutti i miei difetti, dispiaceri e sentimenti. E di conseguenza spero che la risposta del pubblico sia positiva, ciò vorrà dire che sono riuscita a farmi capire da chi mi ascolta e per me già questa è una grande soddisfazione. Anche perché le storie che ho raccontato, possono essere le storie di tante persone , storie semplici in cui un po’ tutti potrebbero riconoscersi”.
MANUELA RAGUCCI
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