L’agguato telefonico o sul web
Basta uno squillo sul cellulare oppure una e-mail per far cadere le vittime nella trappola ideata nei Paesi dell’Est Europa. L’importante è non rispondere, non inviare messaggi e non aprire link
Uno squillo solo. Appare sul display fra le chiamate perse, ma quando l’utente richiama quel numero si ritrova agganciato a una linea a pagamento con tariffa da 1 euro e 50 centesimi ogni dieci secondi. Dall’altro capo del filo si sente quello che ha tutta l’aria di essere l’audio di un film porno, e intanto il credito telefonico scende. È la ping call, un “agguato” telefonico che costa piuttosto caro. Si tratta di una truffa che arriva dai Paesi dell’Est Europa, il meccanismo è molto simile a quello del “wangiri”, in cui è un computer a contattare simultaneamente una serie di numeri con chiamate randomizzate. Quando l’utente richiama però si ritrova a digitare un numero tariffato premium o contenente pubblicità. L’allarme arriva dall’estero ma anche in Italia questa truffa sta mietendo diverse vittime. È un numero come un altro, sconosciuto all’utente. Comincia spesso con +373 ed è meglio evitare di digitarlo. L’allerta giunge alla Polizia postale, che continua comunque a lanciare l’allarme anche sulla posta elettronica. Frequenti sono, infatti, le mail che annunciano una vincita alla lotteria quando però l’utente si attiva per ritirare il premio, viene contattato da una finta banca che chiede il pagamento di una somma per sbloccare la pratica ed erogare la vincita. Finiscono per viaggiare con lo stesso meccanismo le truffe che partono dalle vendite online l’acquirente a volte finge di essere all’estero e propone il pagamento con un bonifico, poi arriva la mail di una banca estera che chiede il pagamento di qualche centinaia di euro per trasferire le somme.
Le vendite online restano comunque una fonte di continue segnalazioni. Merce mai consegnata, pagamenti mai effettuati relativamente alla compravendita di beni della più svariata gamma. Anche le case vacanza a prezzi supervantaggiosi rappresentano una costante per le truffe online. Viene richiesto il pagamento immediato di qualche centinaia di euro in cambio delle chiavi di un alloggio che spesso nemmeno esiste. Attenzione, poi, alle mail che provengono da istituti di credito, uffici postali o altri enti che con le scuse più disparate chiedono la verifica delle credenziali. Un consiglio utile è quello di non fornire coordinate bancarie e dati personali via mail piuttosto è bene contattare telefonicamente la propria banca, l’ufficio postale o scrivere loro attraverso l’indirizzo di posta elettronica ufficiale per chiedere informazioni. Altrettanto numerosi gli invii di mail che imitano, nell’aspetto e nel contenuto, messaggi reali di fornitori di servizi. Aprendo la mail si legge che un “Ordine è stato effettuato”. Chi riceve questa notifica, solitamente insospettito da un’operazione che non ha effettuato, è portato a controllare l’allegato per capire di cosa si tratti e, da quel momento, il computer è infetto. Con l’apertura dell’allegato, il virus riesce a carpire i dati presenti sull’hard disk, comprese password ed e-mail. L’ultima frontiera sul fronte dei crimini in rete è l’estorsione che si aggiunge a un pericoloso virus informatico capace di danneggiare il computer o di criptare l’intero contenuto del disco fisso. Attraverso alcune mail viene inviato un virus noto come Cryptolocker, un file tipo “cavallo di troia” che infetta i sistemi Windows e cripta i dati della vittima. Segue poi una richiesta di denaro, un vero e proprio riscatto, per la decrittazione. Ingresso privilegiato per i “malware” restano i social network. Fra i tormentoni degli ultimi tempi c’è un virus che viaggia su Facebook attraverso le tag di foto e video spesso con contenuti pornografici che arrivano da uno dei propri contatti. L’operazione parte a sua insaputa e scala la lista dei suoi amici. Questo virus, inoltre, si può trasmettere da contatto a contatto, quindi se si chatta con un amico infetto, si può rimanere infettati. Attenzione anche agli smartphone, perché si può diffondere pure sui telefonini. E sempre da Facebook, celandosi dietro false identità, operano professionisti della truffa che finiscono per richiedere denaro con le scuse più disparate, quando non a far partire ricatti a luci rosse per estorcere soldi.
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