Intervista a Franco Roberti
“CONTRO LA CRIMINALITA’
NON BASTANO GLI EVENTI”
L’iniziativa “Alla luce della notte – notte per la legalità Vomero – Arenella” è stata l’occasione per gettare uno sguardo sul fronte della criminaltà con Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia e attento conoscitore della camorra e ospite dell’iniziativa voluta fortemente dalla V Municipalità e dal suo presidente Mario Coppeto con la collaborazione del Comune di Napoli. Da oltre 40 anni prima come Pm e poi come procuratore aggiunto Franco Roberti è tra i fondatori di un metodo investigativo che ha fatto scuola in Italia e all’estero diventando un modello. Gli anni Ottanta con la guerra sanguinosa tra Nco e Nuova famiglia, gli anni Novanta con il conflitto di Allenza di Secondigliano contro i clan del centro storico, gli anni Duemila con la tragica faida di Scampia sono gli snodi attraverso cui ha preso forma l’attività di Roberti. In questa intervista il Procuratore Nazionale Antimafia non parla da magistrato ma da cittadino e da vomerese.
Procuratore Roberti organizzare una notte della legalità al Vomero e Arenella può rapppresentare un segnale forte per il territorio ma soprattutto per la città di Napoli?
“Solo i segnali non bastano, occorrono i fatti. Non è sufficiente ogni tanto inviare un segnale occorre arrivare ad azioni concrete. Purtroppo constato che questi segnali spesso rischiano di restare sulla carta e diventare fini a se stessi. I cittadini non devono continuare a voltarsi dall’altra parte. C’è diffidenza: la gente non collabora con lo Stato. Anche qui, in questo quartiere funziona così. Anzi spesso anche al Vomero e all’Arenella si fanno affari con i camorristi e gli usurai. I segnali sono importanti e vanno bene però a condizione che non restino fini a se stessi”.
Vomero magazine è un giornale che si occupa delle problematiche dei quartieri Vomero e Arenella, che nell’immaginario collettivo sono aree tranquille, però non mancano episodi gravi.
“Il Vomero e l’Arenella purtroppo non sono quartieri tranquilli. Sono territori in cui esistevano e continuano ad esistere esponenti della criminalità organizzata. Qui ci sono state tante, troppe vittime innocenti. Ricordiamo Silvia Ruotolo o dove sono morti altri innocenti come Salvatore Buglione quindi non parliamo di quartieri tranquilli. Certo, è chiaro, meglio vivere al Vomero che al rione Forcella oppure a Scampia. Mi ripeto organizzare eventi, iniziative, manifestazioni è un’ottima cosa, ma al segnale simbolico devono seguire comportamenti, doveri, senso dello Stato nei cittadini altrimenti tutto resta fine a se stesso”.
Il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine è ammirevole ma allora perchè si ha la sensazione che nulla davvero cambi in generale a Napoli?
“I problemi sono complessi. E’ vero la città e in generale il sud del paese è fermo. Forcella è la stessa del 1945 quando c’era il contrabbando delle sigarette, i quartieri della periferia Nord sono gli stessi della faida. L’uccisione di tante vittime innocenti non ha cambiato niente in profondità, non ha scardinato le coscienze. C’è un oscillare pericoloso tra un estremo pessimismo e un ottimismo autoassolutorio. Occorre rompere una volta per tutte questo equilibrio illusorio. I cittadini devono sentirsi parte di uno Stato. Voglio dire quando lo Stato fa veramente lo Stato non c’è camorra che tenga. Bisogna edificare pilastri solidi nel contrasto alla criminalità come il rafforzamento delle forze dell’ordine sul territorio e dare certezza e inesorabilità delle pene. E poi fornire opportunità di formazione e occupazionali a intere generazioni allo sbando facili prede degli arruolatori dei clan”.
Un’ultima battuta Procuratore Roberti e pensiero è il trentennale dall’uccisione di Giancarlo Siani, un giornalista-giornalista nato, cresciuto al Vomero e trucidato dai killer della camorra sotto casa in piazza Leonardo. Fisicamente Giancarlo non c’è più però ha lasciato un grande patrimonio umano, di valori e professionale anche grazie all’instancabile lavoro di suo fratello Paolo.
“Come tutti i veri martiri Giancarlo Siani è morto per il lavoro e per i valori in cui credeva, un esempio che continua a vivere. Ci ha lasciato una testimonianza forte e insegnamenti quotidiani. Questo è quello che conta davvero”.
ARNALDO CAPEZZUTO
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