Storia semiseria di un impiegato deluso
La disoccupazione giovanile è una triste realtà che occupa buona parte degli spazi che i media dedicano al mondo del lavoro. Fiumi di inchiostro, ore di dibattiti televisivi, tonnellate di tweet sulla crisi occupazionale che a Napoli poi è particolarmente sentita. Ma che succede ai ragazzi che ce la fanno? Cosa accade ai fortunati che “prendono ‘o posto”? Ce lo racconta Giovanni De Liso nel suo romanzo d’esordio “L’Impiegato Deluso” edito dalla casa editrice vomerese Homo Scrivens. Sgombriamo subito il campo da equivoci: “L’Impiegato Deluso” è un racconto divertente e appassionante nel quale si intrecciano il punto di vista ingenuo e ironico di un neoassunto in una pubblica amministrazione (il protagonista Giampiero Deluso) con l’approccio cinico e burocratico degli apparati statali nei confronti dei loro dipendenti secondo il più classico dei cliché fantozziani.
Accanto alla storia principale, il tortuoso percorso della giovane matricola verso la realizzazione professionale, si ritrovano sparse qua e là nel testo delle divagazioni che poi sono dei gustosi aneddoti, dei “fattarielli” che hanno il pregio di strappare un sorriso e rendere il racconto più leggero e godibile. Sullo sfondo una Napoli che ogni tanto fa capolino nella trama e il nostro quartiere che, sebbene non venga mai direttamente citato, si riconosce chiaramente in talune descrizioni scritte evidentemente da chi lo ha vissuto e lo conosce.
E non potrebbe essere altrimenti, visto che l’autore De Liso è un vomerese doc di 36 anni che, come si legge nella quarta di copertina, durante un periodo di lavoro in Australia ha deciso, in preda ad un attacco di nostalgia, di scrivere un romanzo. E così, tanto per rompere il ghiacchio, facciamo a Giovanni la fatidica domanda:
Come si fa ad avere nostalgia di casa vivendo in un posto magnifico come l’Australia?
“Se avessi avuto un euro per ogni volta che mi hanno rivolto questa domanda… è difficile spiegarlo a chi non ha mai vissuto all’estero, specialmente in posti così lontani ma vi assicuro che anche di fronte allo spettacolo sbalorditivo della natura australiana si può sentire la mancanza della passeggiata a via Scarlatti! E poi per un napoletano la vita in Australia non è così eccitante come può sembrare: non succede mai niente, dopo un po’ ci si annoia”.
E così, per non annoiarti, hai deciso di scrivere un libro. Come è nata l’idea per questo romanzo?
“Era un po’ di tempo che mi ero ripromesso di appuntarmi certi fatti che mi erano capitati nel corso della mia vita, cose divertenti che non volevo dimenticare. Quando ho iniziato a farlo, ho riflettuto sul fatto che alcuni eventi fossero concatenati e così, quasi per caso, è venuto fuori un romanzo in piena regola con un protagonista, una storia, tanti personaggi e un finale”.
Quindi si tratta di un romanzo autobiografico?
“Lo è certamente, come spesso accade per gli scrittori esordienti. Tuttavia vorrei sottolineare il fatto che, sebbene autobiografico, si tratta sempre di un romanzo e, dunque, non tutto quello che è scritto è avvenuto nella realtà, perlomeno nel modo in cui è raccontato. Resta il fatto che la storia narrata non è frutto di fantasia, ma ciò che mi è realmente accaduto”.
Ma di cosa parla precisamente “L’Impiegato Deluso”?
“Potrei dire che parla del disincanto di un ragazzo che si affaccia al mondo del lavoro. Ma caricherei di troppi significati un libro che vuole sì far riflettere ma sempre con il sorriso sulle labbra. Diciamo allora che il libro può essere considerato il manuale tragicomico di quello che può accadere ad un giovane neolaureato che risulta idoneo ad un concorso pubblico e viene assunto da una pubblica amministrazione con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, un vero miracolo dalle nostre parti! Il problema nasce se quel giovane guarda a questo evento come un inizio e non come il traguardo della propria vita professionale. Ecco allora che iniziano a nascere i primi problemi. Questo ragazzo, infatti, inizierà a chiedersi come mai, pur avendolo assunto, gli dicono di passare le sue ore lavorative in una stanza ad aspettare, come mai non lo assegnano ad un ufficio con relativa mansione, come mai non utilizzano le competenze che ha acquisito all’Università, ecc”.
Poi però gli capita l’occasione della vita…
“In realtà se la conquista andando letteralmente a bussare porta a porta agli uffici dei colleghi per chiedere di poter lavorare! Gli affidano un incarico importante, lo svolge alla perfezione ma alla fine ritorna al punto di partenza, imprigionato in una infinita attesa”.
Nel libro descrivi efficacemente molti personaggi che sembrano condensare un po’ tutti gli stereotipi legati agli impiegati pubblici, dall’impiegato fannullone al manager arrivista, dal donnaiolo allo stakanovista. Eppure, anche nei ritratti più negativi, mi sembra sempre di cogliere una vena di affetto, una pennellata di simpatia, una nota di indulgenza.
“Può essere. E credo che sia dovuto al fatto che mi sono ispirato a persone reali che ho conosciuto e con le quali ho comunque trascorso un bel periodo della mia vita. Poi, diciamocela tutta, anche gli esempi più deprecabili e stereotipati di impiegato fannullone nascono in un contesto organizzativo che li conosce e li tollera pur potendoli prevenire o impedire. Non si può viziare un bambino e poi a quindici anni pretendere che si dia da fare per trovarsi un lavoro!”.
A un certo punto del romanzo Giampiero Deluso, il protagonista del romanzo, tenta una strada alternativa e si iscrive a un Master. Ma anche questa esperienza assume contorni tragicomici.
“Nel romanzo racconto di due diverse esperienze di studio post-laurea. Un corso-concorso ed un master in business administration. Due contesti profondamente diversi dalla pubblica amministrazione dove però alla fine il protagonista incontrerà personaggi simili e si confronterà con lo stesso livello di disorganizzazione, apatia e lassismo. Questo dimostra che il territorio, il substrato culturale è più forte di tutto e permea gli ambienti a tutti i livelli”.
Ma alla fine “Deluso” troverà la sua strada?
“Questo lo lascio scoprire al lettore se avrà la pazienza di arrivare fino alla fine del racconto!”.
Infine una curiosità, l’impiegato Deluso non è il tuo primo libro. Leggiamo nell’ultima di copertina che avevi già pubblicato un libro intitolato Once Upon A Time, edito da Arcana e dedicato al commento dei testi del mitico gruppo rock dei Genesis. Come mai hai deciso di passare dalla saggistica al romanzo?
“Il libro sui Genesis mi ha dato moltissime soddisfazioni soprattutto tra i fans del gruppo che ancora oggi mi scrivono e mi ringraziano per aver analizzato i complicati testi inglesi della band. Ma nessuno dei miei amici o dei miei parenti era in grado di comprendere quel tipo di saggio. Volevo quindi scrivere qualcosa che anche mia madre fosse in grado di leggere!”.
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