MASTUGGIORGIO
La locuzione “mastuggiorgio” divenne famosa sin dal ‘600 quando Giorgio Cattaneo, infermiere dell’ospedale “Incurabili”, per la cura di pazzi e di nevrotici, aveva escogitato la disumana terapia del costringere i malcapitati ammalati ad ingurgitare grandi quantità di cibo, docce gelate ed azioni materiali da collasso, a far girare ruote di pozzi artesiani, mezzo terapeutico rivelatosi molto efficace per sfinimento fisico del soggetto, con frustate da autentico “castigamatti”, appunto, “mastro di pazzi” quando l’Altamura definisce il portatore di frusta dal greco “mastigophòros”. Questi agiva impunemente con determinata cattiveria su soggetti derelitti, descritto anche da Di Giacomo in una sua poesia per i metodi illeciti profittando delle discutibili posizioni di potere, tracciando così la funesta fama di “mastoggiorgio”, prepotente di turno che non manca neppure ai giorni nostri. “infermiere di ospedale psichiatrico dagli atteggiamenti prepotenti ed autoritari” (D’Ascoli). “infermiere di manicomio che attende a persona anziana e svanita, dai metodi discutibili” (S. Zazzera). Il poeta napoletano del tempo, Titta Valentino scrisse: “Deh, mastro Giorgio mio, dotto e saputo/ che tanta cape tuoste aie addonate/ si nun te muove a dare quarch’aiuto/ nuie simme tutte quante arrovenate.”
Mimmo Piscopo
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