I misteriosi nomi delle strade del Vomero
Due strade del Vomero sono intitolate allo spagnolo Jusepe de Ribera (Xàtiva, 1591 – Napoli, 1652), detto “lo Spagnoletto” per la sua bassa statura, e al greco Belisario Corenzio (Acaia, 1558 – Napoli, 1646). I pittori, entrambi della prima metà del 1600, diedero vita a Napoli ad una vera e propria associazione artistica a sfondo criminale, chiamata “La Cabala Napoletana”. Un’associazione molto simile alla nostra Gomorra, il cui scopo era quello di gestire le committenze artistiche locali, vietando l’affidamento, a suon di minacce e vendette, a pittori residenti fuori regione. A capo di tale associazione vi erano, oltre a Jusepe De Ribera, principale esponente della pittura Caravaggista ed a Belisario Corenzio, anche l’allievo di quest’ultimo, il talentuoso e controverso pittore napoletano, Giovanni Battista Caracciolo, detto il Battistello. I tre cospiratori, oltre ad accaparrarsi le committenze, imponevano anche l’uso di un preciso stile pittorico da adottare a Napoli, cioè l’influenza drammatica esercitata dai dipinti del Caravaggio. La situazione precipitò drammaticamente quando la Deputazione di San Gennaro offrì ai pittori di scuola genovese la commissione degli affreschi per adornare la “Cappella del Tesoro di San Gennaro”. Per gli artisti della “Cabala Napoletana”, l’esclusione da quella committenza, considerata di grande prestigio, fu vissuta come un vero e proprio affronto. Si tramanda che Guido Reni, pittore bolognese, avendo ricevuto la committenza, dopo continue minacce fu costretto a scappare da Napoli, come il un suo allievo, Francesco Gessi. Nel 1630, il bolognese Domenico Zampieri, detto il Domenichino, avendo ottenuto garanzia di protezione da parte della Deputazione di San Gennaro, accettò la committenza e riuscì, tra alterne minacce e fughe da Napoli, ad affrescare buona parte del ciclo pittorico che descrive la Gloria di San Gennaro. Il 6 aprile del 1641, mente si accingeva ad iniziare un nuovo affresco, improvvisamente morì. Molti storici sono concordi nel ritenere che il Dominichini sia stato avvelenato dai pittori della “Cabala”. Sia Jusepe de Ribera e Belisario Corenzio hanno lasciato nella nostra città un enorme patrimonio artistico, stimato in tutto il mondo. I loro pregevoli dipinti sono conservati in chiese e musei cittadini, ma anche nei musei nazionali e del mondo, come il Metropolitan Museum di New York e il Louvre di Parigi. La Certosa di San Martino è il luogo dove si possono apprezzare alcune importanti opere dei due pittori. In particolare, si possono ammirare del Ribera: “la Comunione degli Apostoli”, “Il Martirio di San Sebastiano” e “la Pietà”, raffinata pala d’altare, oltre alla monumentale opera di decorazione della Certosa, portata a compimento in cinque anni. Belisario Corenzio, invece, ha firmato molti degli affreschi della Certosa, quali quelli della sala Capitolare, della Cappella di Sant’Ugo e quelli del Quarto del Priore dove si possono ammirare quattro tele raffiguranti i Putti.
Ersilia Di Palo
Commenti
No Banner to display
“Ponte di via S. Giacomo dei Capri: i soldi ci sono”
Aldo Masullo riceve la cittadinanza onoraria
Napoli Comics chiude i fumetti perdono la casa
Dai principi di Santobono all’Ospedale pediatrico
La moda al Vomero indossa il nastro rosa in favore dell’ Airc.