Evviva Kobe
Ciao Kobe. La superstar del basket mondiale ci ha salutato, con la sua figlioletta e altre sette persone, in una gravissima tragedia che ha scosso tutto il mondo. La popolarità di Kobe Bryant era trasversale, senza tifo, senza esasperazioni, aveva giocato nei Los Angeles Lakers, ma a nessuno interessa troppo. Era amato da tutti perché rappresentava un simbolo, anche con quel suo iconico soprannome: Black Mamba. Un atleta straordinario che tutti hanno voluto ricordare a proprio modo. La notizia, in Italia, è arrivata nel bel mezzo di un trionfale Napoli-Juventus. Con tante persone allo stadio rimaste senza parole. La festa era rovinata. Perché Kobe era amato ed amava l’Italia. Era divertente vederlo imprecare in italiano per un errore o un fallo subito, durante le gare dei Lakers. Aveva smesso di giocare ma le immagini con le sue mirabilie continuavano ad imperversare. Anche il Vomero, nel suo piccolo, ha lanciato un segnale importante nel ricordo di questo atleta. Si è mobilitato con i suoi spazi da recuperare, con i tanti appassionati di basket, anzi street basket, orfani di canestri, che hanno rivalutato un campetto a Montedonzelli abbandonato e vandalizzato da chi non conosce il rispetto di nulla. Un segno di coesione e di ribellione è stato ridipingere quel campetto e dedicarlo a Kobe con una scritta ben visibile dall’alto, ma che si percepisce anche al basso con quei colori, giallo e viola, che ne hanno connotato la straordinaria carriera. Un campetto sul quale vigila lo sguardo di Bryant, grazie al murale che lo street artist Jorit gli ha voluto dedicare, con una posa sfuggente, un mezzo profilo che sembra il gesto naturale dopo un saluto.
Quanta gente è venuta in quel campetto. Tutti coloro che si impegnano da sempre per dare uno spazio pubblico a chi vuole praticare sano sport hanno colto il triste avvenimento per trasformarlo in un’occasione di riscatto.
Giuseppe Porcelli
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