L’arte di Annibale Caccavello fra sacro e opere funebri
Il viottolo che lateralmente alla funicolare di Montesanto conduce da via Morghen all’ultimo tratto di via Tito Angelini, ricorda lo scultore Annibale Caccavello, nato a Napoliintorno al 1515. Il padre, Giovan Battista, lavorava il marmo ed era originario di Massa Lubrense. Annibale fin da bambino, forse perché vedeva scolpire i marmi tutto il giorno, si appassiona alla scultura per cui il padre lo manda presso la bottega di Giovanni Merliani, un eccellente scultore del tempo. Ma in breve il giovane acquista una sua autonomia. Intanto opera nel tardo Rinascimento napoletano con il Viceregno spagnolo. In città ricomincia il fervore edilizio e la scultura ha un suo momento felice per l’importanza che la “cattolicissima” Spagna dava alla ritrattistica e all’arte funebre.
Le sue opere infatti si trovano nelle chiese di San Giacomo degli Spagnoli, di Santa Maria La Nova , di San Domenico Maggiore e di San Giovanni a Carbonara.
Nella trecentesca chiesa di San Giovanni a Carbonara, i sepolcri di Galeazzo e di Nicolantonio Caracciolo, collocati in grandi nicchie di marmo rosa, sono entrambi opera di Annibale Caccavello, con l’aiuto di Giandomenico d’Auria, altro allievo di Merliani e, secondo alcuni biografi, rivale di Annibale.
Sempre di Caccavello sono poi le statue tonde di San Giovanni Battista e di Sant’Agostino. L’Agostino proposto da Caccavello risente molto della iconografia classica, che presenta il santo come vescovo e Dottore della Chiesa, arricchito da eleganti vesti con la mitra in testa e una folta barba che gli copre il viso.
Per volere del viceré spagnolo Pietro di Ribera viene commissionata a Giovanni Merliani la fontana dei Quattro del Molo, collocata in origine presso il Molo grande, ovvero dove oggi si trova la Stazione Marittima. Il nome è legato alle quattro statue gigantesche che rappresentavano i fiumi allora conosciuti cioè il Tigri, l’Eufrate, il Gange e il Nilo. Dopo la morte di Merliani l’opera viene completata da Caccavello con la collaborazione di Giandomenico d’Auria. Le statue, come tante altre opere dell’epoca, furono poi rimosse e portate in Spagna.
Annibale Caccavello muore a Napoli intorno al 1590, assai vecchio, secondo il biografo De Dominici.
di Camilla Mazzella laureata in Studi storico-artistici
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