L’UMANITÀ DI ANDREA VACCARO E LA PITTURA DEL 600 NAPOLETANO
La strada che taglia via Luca Giordano e via Mattia Preti, e nella quale ha sede una chiesa valdese, è intitolata ad Andrea Vaccaro, che nasce a Napoli nel 1604, ovvero negli anni in cui la città vive un’intensa stagione di cultura artistica. In particolare la scuola di pittura napoletana si sta arricchendo di nuovi contributi grazie all’arrivo di diversi pittori da Domenichino a Giovanni Lanfranco fino a Caravaggio, i quali ebbero un effetto dirompente sui modelli cari agli artisti presenti a Napoli. Andrea, avviato dal padre agli studi letterari, preferisce dedicarsi alla pittura, frequentando l’ambiente e le botteghe dei tardo-manieristi.
Successivamente l’artista si muove su un terreno tra il naturalismo caravaggesco ed il classicismo di Guido Reni e Massimo Stanzione.
Come testimoniano la copia della Flagellazione di Cristo del Caravaggio, nella chiesa di San Domenico Maggiore, e il San Sebastiano del museo di Capodimonte.
Significativo per il linguaggio pittorico di Vaccaro fu anche l’incontro con Bernardo Cavallino. La pittura di Andrea tende a toccare il cuore dell’osservatore, ma in maniera equilibrata. Alcuni critici gli imputano la mancanza di pathos, ma la sua formula incontra il grande consenso del popolo. Gli vengono infatti commissionate dai maggiori ordini religiosi grandi pale d’altare e sarà richiestissimo anche dalla borghesia napoletana, come dimostra la presenza di dipinti in numerose collezioni private.
Il Vaccaro fu anche un abile falsario come ricorda il De Dominici, che su di lui scrisse una biografia. Vaccaro muore a Napoli nel 1670 quando si affaccia al mondo artistico l’omonimo Lorenzo Vaccaro, che secondo alcuni critici avrebbe meritato più di Andrea di essere ricordato con una strada. Le opere di Andrea Vaccaro si trovano oltre che in varie chiese della Campania, della Puglia e della Calabria in alcuni musei napoletani e stranieri (Louvre, Monaco e Madrid).
di Camilla Mazzella laureata in Studi storico-artistici
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