L’arte di Antonino Marotta
Alla riscoperta della bellezza delle piccole cose
“L’arte è stata la mia salvezza. Mi ha evitato di cadere in depressione”. Antonino Marotta va subito al sodo, senza tanti giri di parole.
In una vita da lui stesso definita «strana», che lo ha portato dai banchi dell’Istituto d’Arte Palizzi ad una carriera negli impianti di produzione dell’ENEL a San Giovanni a Teduccio, la pittura è infatti stata, ed è tuttora, una costante. Nonostante le prove e gli ostacoli, Marotta non ha mai smesso di dipingere, cimentandosi su varie superfici in una continua ricerca di mezzi e soluzioni espressive: “Mentre taluni artisti tendono a fossilizzarsi su tecniche che conoscono, io ho sempre cercato di sperimentare e di lasciare che il limite sia l’immaginazione”.
Tra le sfide più difficili che la vita gli ha posto, oltre ad una cattedra sfumata a Sassari, c’è la disabilità del figlio Gennaro, che ha portato la famiglia a trascorrere lunghi periodi negli Stati Uniti tra il 1982 e il 1988. Eppure, anche in circostanze così drammatiche, ha trovato l’ispirazione e la voglia di dipingere, al punto che la produzione di quel periodo è stata oggetto di una esposizione a New York, grazie anche all’aiuto dell’allora Presidentessa della Croce Rossa. “Molti di quei lavori appartengono a collezioni private, sparse tra la stessa New York e San Francisco. Sono ancora in contatto con molti degli specialisti che consultammo e che continuano a chiedermi quadri”.
Le sue opere spaziano dalla ritrattistica alle nature morte, dagli interni ai paesaggi, con una spiccata predilezione per le scene di vita agreste.
«Ovunque fossi, dipingevo: una casa a Ischia o a Procida con vista su Vivara; in albergo a Paestum o nell’atmosfera bucolica di Cantalupo nel Sannio… Ogni luogo, ogni scorcio offriva uno spunto differente». Ma anche la città è stata fonte di ispirazione, indipendentemente dalle situazioni: “Ho dipinto da un balcone sui gradini Cacciottoli e persino durante un periodo di ricovero presso il Secondo Policlinico!”.Al di là delle tecniche o dei soggetti, l’arte di Antonino Marotta si presenta come una continua riscoperta del bello nei dettagli della vita di ogni giorno: una felce investita dalla luce, un gatto (immagine ricorrente, quasi una seconda firma) al sole, lungi da configurarsi come mero esercizio stilistico, sono un invito a continuare a meravigliarci ogni volta della bellezza che ci circonda. A dispetto delle avversità della vita.
Gabriele Basile
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