IL QUARTIERE DEI MURALES IMPEGNATI
l primo murale di grande impegno sociale di Napoli è nato al Vomero, è quello di via Romaniello, da poco restaurato da un gruppo di volontari, che celebra Giancarlo Siani, il giornalista del Mattino ucciso dalla camorra nel 1985. È un muro colorato, dipinto con il verde della speranza e abbellito dal volto innocente di Giancarlo e da citazioni di poeti e giornalisti, sulla nobiltà e l’orgoglio di ricercare e scrivere sempre la verità, sulla importanza per la comunità della professione di giornalista, sull’esempio che bisogna dare ai giovani in un’epoca come la nostra piena di esempi devianti. Gli artisti che si dedicarono all’impresa – Walter Contipelli, in arte Wally, Alessandra Montanari, Alessandro Bassi e Alessandro Breveglieri – quando disegnarono questa che oggi è considerata un’opera d’arte apripista, puntarono molto sulle sfumature di colori e sulle tonalità dei chiaroscuri, con il verde che doveva richiamare la
mehari, la macchina di Giancarlo. Un’opera estetica, ma anche testimonianza di impegno sociale. Oggi, a distanza di alcuni anni da questo murale, al Vomero ha lavorato quello che è considerato lo street artist napoletano più famoso, Jorit Agoch, l’autore del volto di San Gennaro, a via Duomo, e quello di Maradona, a San Giovanni a Teduccio. Al Vomero ha portato avanti un progetto di murale insieme ad alcuni ragazzi della cooperativa “La locomotiva”, disegnando sulle pareti della Casa della Socialità, a via Verrotti, i volti di Ilaria Cucchi e Sandro Pertini, insieme alle figure di giovani che si posizionano davanti ai fucili di eserciti schierati per la guerra, citazioni prese dalla Costituzione, raffigurazioni della bilancia della giustizia e inni al lavoro.
Qualche giorno fa doveva essere inaugurato alla presenza anche di Ilaria Cucchi, ma poi l’evento non si è tenuto, eppure nei giorni precedenti, soprattutto nei fine settimana, erano molti i ragazzi che si trovavano vicino alla Casa della socialità e si davano da fare per completare un particolare, per abbellire l’ultimo centimetro di un disegno. Ragazzi adolescenti, tra i quattordici e i diciassette anni, vestiti come impone la moda hip-hop e contenti di lavorare a un progetto che, una volta tanto, metteva a frutto le loro doti artistiche senza limitazioni.
Tra questi giovani c’era anche una ragazzina, bandana colorata in testa e salopette di jeans consumata.
Il suo nome non
l’ha voluto confessare, «perché sto pensando al mio nome d’arte, e solo quello avrà senso per me, quindi inutile dire come mi chiamo». Ha partecipato al progetto della cooperativa perché «voglio imparare a rendere più bella la mia città, ma anche perché così la proteggo, nello stesso tempo, dal degrado» dice sorridendo orgogliosa. Infatti, come l’altra decina di ragazzi che hanno partecipato all’iniziativa, sa che quando un vandalo vede il disegno di un graffitaro sul muro di un edificio si ferma, non riesce a sporcarlo.
Ha una sorta di timore reverenziale, ecco perché i murales servono anche a salvare la città dal degrado. Soprattutto questi vomeresi, che hanno sempre una valenza anche sociale e di impegno civile, assolvono a una doppia funzione, quella di testimonianza e di preservazione.
Che ne pensa Jorit, (vero nome Agostino Chirwin, ma non si deve sapere, mi raccomando!) del Vomero come quartiere di murales socialmente impegnati? «A me non interessano le vetrine scintillanti della città, ma il suo popolo, che al Vomero come a Soccavo o a Pianura ha la stessa anima, le stesse potenzialità positive che, me ne sono accorto lavorando alla Casa della socialità, quando sono messe al servizio di un progetto utile per la collettività, rendono al massimo».
Jorit d’altra parte ha disegnato non solo i volti famosi, ma accanto a loro anche quelli di persone dalla vita normale che, però, hanno un potenziale simbolico grande quanto quello degli uomini e delle donne celebri. A San Giovanni a Teduccio, nel quartiere del Bronx, accanto al volto di Maradona c’è anche quello di Niccolò, un bambino autistico. «Entrambi sono simbolo di caparbietà e voglia di combattere, giorno per giorno, le loro battaglie. – conclude Jorit – Certo Maradona ha avuto anche una vita privata in alcuni momenti non proprio esemplare, ma il suo impegno a favore dei deboli e degli emarginati non è mai venuto meno».
Ugo Cundari
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