Roberto Vedova, pittore vomerese
La suggestiva immersione in una tavolozza di colori
Artista, docente. C’è un universo creativo in Roberto Vedova. Il suo atelier in Via Conte della Cerra, che è anche scuola di pittura, è una suggestiva immersione in una tavolozza di colori, dove i personaggi si fanno sole e luna, confondendosi con l’alba, col tramonto e col verde della collina Vomerese dei primi anni ‘50. Le icone greco-romane appaiono vivificate da visionaria contemporaneità.
Le tempra vigorose dei cavalli, le sagome sinuose dei delfini vengono decontestualizzate dagli ambiti classici e calati in paesaggi onirici, mentre dei ed eroi pagani, interiorizzati presso l’Accademia di belle Arti, diventano angeli, custodi del libro della vita, che dipana sulla tela immagini che racchiudono l’esistenza, come su una pellicola di celluloide.
Il destino artistico gli appare connaturato dalla nascita. Figlio di un progettista, a cui “ruba” i pennelli, a tre anni dipinge, a 10 può vantare la sua prima mostra. Entra nell’istituto d’arte Palizzi, nonostante le difficoltà del dopoguerra.
Dormendo poche ore al giorno, coniuga tante vite in una sola. Consegue la cattedra a 23 anni presso l’Istituto d’Arte di Avellino.
Trasferitosi a Sorrento, trasforma il Chiostro di San Francesco in un laboratorio a cielo aperto, dove veri destrieri fungono da modelli per i suoi allievi.
Molti i temi ricorrenti nella sua pittura, carichi di simbologia: dalle “cattedrali”, affacci fantastici da chiese forse solo immaginate, al tema di San Gennaro, deformato rispetto all’iconografia tradizionale e ricomposto, al fine di rileggerne il martirio, come iperbole della tragedia dell’uomo, colpito dal destino, ma capace di riaffermare nell’arte la propria resilienza. L’immedesimazione nell’altrui sofferenza si palesa anche nelle “maschere” del terremoto dell’80: nei luoghi del sisma, ritrae i volti della disperazione, che conservano forza evocativa, come monito a vivere con intensità il quotidiano, nella consapevolezza della caducità che non dipende solo dall’umano arbitrio, ma anche dalle forze brutali della natura. Un’attività instancabile, che lo ha condotto ad esporre le sue opere accanto a quelle di Picasso, Warhol, Chagall, in oltre 70 mostre personali e 200 nazionali.
Un artista che si è sottratto ai compromessi del mercato dell’arte, perché ha trovato una committenza disposta a credere in lui. Padre Lello, parroco della Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, ha scritto: “a Roberto Vedova va il merito, con la sua produzione dedicata a San Gennaro, di rendere onore alla vita del martire.
Con colori vivaci, egli la unisce al fuoco del Vesuvio, alla lava, al sangue (…) Attraverso i suoi dipinti e le sue sculture, la memoria del santo sarà custodita nel cuore dei credenti“.
Erede di insigni maestri come Emilio Greco ed Emilio Notte, dopo aver concepito una originale lettura della corrente cubista-figurativa che ha imposto Napoli ai vertici del ‘900, conserva intatto, ancora oggi, il suo ingegno artistico.
Marcello Ricciardi
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