Cedimenti delle strade al Vomero
Antonio La Gala: un quartiere martoriato
Barricate e voragini, da qualche giorno via Pigna sembra una delle tante strade bombardate durante la guerra. Invece non c’entrano per niente «gli apparecchi», a far cedere ancora una volta il manto stradale di un’arteria così importante per la circolazione collinare è stata prima una fogna collassata, poi un guasto alla rete idrica. Ma la rete di sprofondamenti cittadini, soprattutto vomeresi, ha le maglie abbastanza larghe. Se a settembre è sprofondato un tratto di via San Giacomo dei Capri, provoca ancora disagi il pericolo del cedimento del manto stradale per le piogge incessanti, a inizio marzo, dell’intero tratto di via Pietro Platania (da via Ugo Niutta a Salita Arenella), nei pressi di piazza Muzii. Ma perché il sottosuolo di Napoli, e in special modo quello del Vomero, risulta così fragile? Diceva Ugo Esposito, geometra in forze al servizio fognature del Comune fino a qualche anno fa, che quando si scende sotto la città si apre un’altra dimensione, con il rischio concreto di incontri ravvicinati del terzo tipo. Tutto è diverso, e i palazzi che sopra sembrano indistruttibili, sotto appaiono opere di carta velina, se si guardano le fondamenta. Stesso discorso per le strade. Più o meno d’accordo l’ingegnere Antonio La Gala, studioso di Napoli e memoria storica dei vari crolli che nel tempo si sono succeduti nel quartiere collinare. «Se ci limitiamo a seguire la storia dei crolli negli ultimi cinquanta anni, constatiamo che il Vomero è stato il quartiere più martoriato» dice La Gala. Recente il fattaccio di via Pigna, ma il primato in negativo riguarda via Aniello Falcone, dove proprio nella zona in cui qualche anno fa perse la vita una donna per la caduta di un albero, negli anni Sessanta si aprì una voragine che inghiottì parecchie automobili e anche alcune persone. «Una porzione di strada maledetta» dice La Gala. Nel maggio del ‘69 il crollo si ebbe in pieno giorno all’inizio di via Scarlatti, quasi ad angolo con piazza Vanvitelli, di fronte all’ex Upim, morirono tre persone. Ma poi ancora crolli e voragini negli anni Settanta e Ottanta, finché si decise di istituire una commissione scientifica formata da ingegneri e tecnici per studiare le cavità cittadine, in particolare quelle collinari. «Fu elaborata una mappatura che poi fu distribuita a tutti gli organi competenti e alle istituzioni interessate. Queste poi avrebbero dovuto prendere provvedimenti, ma la cosa fu lasciata cadere». Ma perché il Vomero risulta il quartiere più colpito? «Perché c’è la più alta concentrazione di strade a mezza costa, come le chiamiamo noi tecnici. Ossia di discese e pendii abbastanza elevati». Soluzione? «Non esiste una soluzione rapida e sicura. Quel che è necessario è una manutenzione costante di tutte le condotte fognarie che corrono sotto il quartiere. Il problema principale è l’acqua che si infiltra e rende friabile il terreno».
Ugo Cundari
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